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Solidarietà e futuro?
(15/01/2007)

Documento senza titolo

La tecnologia sta neutralizzando la nostra capacità di comunicare in modo naturale.
Oggi mandiamo continuamente "messaggini" e sempre meno abbiamo piacere di fare almeno una telefonata per ascoltare la voce di chi chiamiamo o di chi ci chiama.
Abbiamo Intemet, utilissimo per certi versi; ma parlare attraverso esso magari con una telecamera per guardarci in faccia da un monitor di plastica, non è la stessa cosa che guardarsi negli occhi dal vivo e trasmettersi pelle a pelle sensazioni ed emozioni.

Siamo vivi? Dovremmo avere la consapevolezza di esserio; non solo perché i nostri cinque sensi ci permettono di esistere e di avvertire il mondo estemo, tutto questo
appartiene alla carne.
Siamo incastonati in un labirinto fatto di plastica, acciaio, rumori e distrazione che ci illude di essere uniti ma che sempre meno, proprio per le sue caratteristiche fredde, lascia spazio al calore umano.
Sì, al calore vero che si produce solo con il contatto; con l'attrito che nasce dallo scambio delle percezioni; che non possono però esserci se siamo separati però da un congegno tecnologico.
Non sono contrario al progresso, tuttaltro! Ma ciò che questo deve produrre è il benessere di tutti e soprattutto una coscienza che si nutra della soddisfazione di ciò che crea per realizzare questo progetto.
Non invece menti aride ed avide che mirano solo all'interesse personale e ad un profìtto a favore di pochi; beninteso che per profìtto non intendo solo quello strettamente legato al denaro, ma anche a quello derivante dal controllo dell'individualità dell'essere.
Così mentre questi pochi si arricchiscono a dismisura la maggior parte, si annichilisce correndo dietro al tran-tran quotidiano sempre meno sostenibile e la cosa più grave è che stiamo perdendo la capacità di reagire.
Ogni cosa ci cade addosso e l'accettiamo come un nuovo fardello da portare con remissione sulle spalle.
Ecco perché in giro, si avverte un gran lamentarsi: "Non si arriva più alla fine del mese, le tasse da pagare sono troppo alte, negli uffici non funziona niente" e così via.
Tutto è solo un gran lamento, ma non c'è reazione, il più delle volte la risposta è : "Eh, che possiamo fare?" E si continua a "lacrimare".
Quando mi trovo ad affrontare questi discorsi, e mi capita spesso, dico sempre una frase : "La colpa non è del porco, ma di chi gli da da magiare", cercando ogni volta di installare la consapevolezza che dipende solo da noi modificare le cose, incominciando a migliorare noi stessi.
Basterebbe poco, veramente poco, per mettere a segno qualche punto che stimolasse il risveglio della convinzione che si può perfezionare ogni situazione presente, incominciando, per esempio,|a pensare ai nostri figli ed in generale a quelli che verranno dopo di noi.
Essi erediteranno ciò che oggi noi costruiamo.

Perciò se risveglieremo questa capacità creativa alimentata dal "fuoco della vita" che sempre arde pronto ad essere utilizzato in ogni momento, e che è alla portata di tutti, potremmo donare una società dinamica, continuamente perfettibile, dove regni il desiderio di migliorarsi sempre e migliorare le cose intomo a noi, considerandole parti di noi e non distaccate.
Potremmo donare una società dove l'unica vera religione dominante sia l'uomo e l'amore per la ricerca di se stesso e delle sue origini, così che un giorno, finalmente, potremmo avere una risposta a chi siamo, da dove veniamo e qual è la nostra meta.
Solo e soltanto questa è la solidarietà che dobbiamo intendere e non una cifra su un pezzo di carta.
Altrimenti da tutto ciò, continueremo ed anche i nostri posteri a vivere nell'illusione, dentro una gabbia apparentemente dorata, dove ormai questo oro è talmente sbiadito, d'aver lasciato il posto solo a plastica e metallo.

 

Simeon

 

 

 

 

 

 
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