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Il Mercurio volgare e quello filosofico
(21/06/2017)

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  “Quattro parole cristallizzano lo spirito nello spazio della forza.

Nel sesto mese si vede improvvisamente volare neve bianca.

Alla terza vigilia si vede risplendere il disco solare in modo abbagliante.

Nell’acqua soffia il vento della morbidezza.

Errando nel cielo ci si alimenta dell’energia spirituale del principio recettivo.

E del segreto ecco il segreto più profondo:

Il paese che non è in nessun luogo, questa è la vera patria.”

Il segreto del fiore d’oro.

Formula magica per il grande viaggio (testo alchemico cinese)

 

Nella letteratura alchemica il termine “mercurio” non compare con un unico significato, ma viene nominato con una molteplicità di accezioni possibili, che contribuiscono a rendere i libri di alchimia non poco oscuri, anche per il lettore più volenteroso e ben intenzionato.

Costui, ogni volta che crederà di aver pienamente compreso di cosa si stia parlando, si imbatterà in nuovi enigmi da risolvere, che sembreranno smontare tutte le sue precedenti interpretazioni.

Troviamo dunque il termine Mercurio (senza pretendere di essere esaustivi) inteso:

1) come metallo

2) come divinità

3) come principio attivo volatile e femminile, accanto allo Zolfo

4) come solvente preparato inizialmente per l’Opera allo scopo di estrarne lo Zolfo e il Mercurio (nel terzo senso citato)

5) come materia prima della Pietra allo stato iniziale, spesso presentata attraverso enigmi e paradossi

6) come sinonimo della Pietra Filosofale

7) come insieme dei corpi che entrano nell’Opera Alchemica

8) come nutrimento del Philius Philosophorum

9) come mercurio filosofico[1], ottenuto dalla purificazione e dalla fusione di Sale, Zolfo e Mercurio

10) sia come “mercurio volgare”,  inutilizzabile ai fini dell’Opera, al contrario di quello Filosofico, sia come mercurio allo stato grezzo,  che va purgato prima di potersene servire

11) come “fons mercurialis” alla quale vengono a bagnarsi Re e Regina alchemici

12) come principio o cosa doppia, maschile e femminile, che deve essere ricondotto “ad un’unica cosa”.

A proposito della differenza tra mercurio volgare e Mercurio Filosofico Fulcanelli, nelle “Dimore Filosofali” dice che “Il mercurio comune è il risultato della Natura e Dio ha impedito all’uomo di penetrarne il mistero, mentre il Mercurio dei saggi è prodotto da un artista che, seguendo le leggi naturali, sa ciò che vuole ottenere”.

Molti aggiungono che chi impiega il mercurio volgare nell’opera alchemica è destinato a perdere tempo e denari senza ottenere nulla. [2]

L’alchimista deve quindi iniziare la sua impresa lavorando sulla giusta materia, avendola riconosciuta dietro i termini oscuri con cui viene nascosta: Acqua secca, che non bagna le mani, Argento vivo, Acqua bianca, Fuoco divino e invisibile, che si nasconde al centro della terra o nel ventre del Drago, Umido radicale, che mantiene le sue facoltà solo se resta immerso nell’oscurità.

Il Cosmopolita nel “Nuovo lume chimico” fa dire al mercurio che spiega all’alchimista la propria natura: “Sappi che…nessun inizio finisce se non la dove è cominciato” e, più avanti, “ Sappi che ogni pellegrino tende sempre alla sua patria e quando arriva là dove è uscito riposa e sempre ritorna più sapiente di quando uscì”….”Alchimista – Sei tornato qualche volta?” “Mercurio – Ritorno, ma in un’altra forma”.

Il segreto dell’Opera è anche così espresso da Basilio Valentino nella sua prima chiave (nelle “Dodici chiavi della filosofia”): “Quando un albero porta fiori malsani e sgradevoli, viene tagliato vicino al tronco sul quale si è innestata un’altra specie di frutti. Allora il germe si unisce al tronco in modo che da questo e dalla radice col suo giovane ramo si sviluppi un buon albero che porta frutti sani e gradevoli”.

Chi non sia riuscito a cogliere il senso riposto di questa allegoria non troverà certo meno sibilline le indicazioni fornite dagli altri autori: “L’0pera viene portata a termine dal Sole e dalla sua Ombra” (Michael Mayer), “Brucia con l’acqua e lava col fuoco” (Rosarium Philosophorum), “La Pietra nel suo aspetto manifesto è fredda ed umida e in quello nascosto è calda e secca” (ibidem), “L’Opera è correre senza corsa e muoversi senza moto” (dal Theatrum Chemicum), “Ricercate il freddo della Luna, troverete il calore del Sole” (ibidem), “Nell’ombra del Sole è il calore della Luna” (Mylius, Philosophia Reformata).

Questo prezioso Mercurio, che si può però trovare nelle cloache e nei luoghi più immondi, ha sempre una natura contraddittoria: “Sono padre prima di essere figlio, ho generato mia madre…da me nasce un uccello meraviglioso e dalle sue ossa, che sono le mie, si fa un piccolo nido dove, volando senza ali, si rivivifica morendo” (Venceslao Lavinio di Moravia, “Trattato del fuoco terrestre”).

Nella’”Aurelia Occulta” (Theatrum chemicum) si può trovare un passo pressoché identico al seguente, tratto da “Azoth” di Basilio Valentino[3]: “I filosofi mi chiamano Mercurio, mio sposo è l’oro, sono l’antico Drago presente in ogni parte della terra, sono padre e madre, giovane e vecchio, forte e gracile, morte e resurrezione, visibile ed invisibile, duro e molle, discendente nella terra e ascendente al cielo, grandissimo e piccolissimo, leggerissimo e pesantissimo, in me l’ordine della Natura è spesso invertito in colore, numero, peso e misura. Contengo la luce naturale, sono oscuro e chiaro, vengo dal cielo e dalla terra, conosciuto e considerato poco o nulla.

Tutti i colori in me risplendono, e cosi tutti i metalli attraverso i raggi del sole. Sono il rubino solare, una terra mobilissima e chiarificata, per cui mezzo tu potrai trasmutare in oro il rame, il ferro, lo stagno e il piombo[4].”

L’alchimista Francesco Maria Santinelli[5]  nei suoi “Sonetti alchemici” ci da una descrizione in rima della Materia Prima dell’Opera:

Io son metallo e non ho forma alcuna

Anzi ho tutte le forme e son miniera

Traggo dal Sole in ciel l’origin vera

Mi alimenta sotterra ognor la Luna

 

Qui al centro dell’acqua ho la mia cuna

Là nel centro del fuoco è la mia sfera

Esco lucido spirito in veste nera

Nudo corpo son preso all’aria pura

 

Pietra son, ma se m’apri io volo in vento

Vento son, ma se chiuso in Piombo ho male

Vapor se fervo, se m’agghiaccio argento

 

Oh miracol dell’arte, ella se vuole

Io di Fuoco che son, Acqua divento

D’Acqua mi cangio in Sal, di Sale in Sole

 

Lo stesso Santinelli in “Radius ab umbra” e nel trattato “Miniera Philosophorum” , distinguendo tra il mercurio volgare e quello filosofico, sottolinea come quello volgare “ruba, vola e fugge via”, mentre con quello filosofico, catturato con reti ed ingegnose catene, si  può estrarre la Luce dal Caos filosofico…

Santinelli ci dice anche che l’alchimista deve seguire la natura e, simultaneamente, operare “contro natura” invertendo il corso delle cose…unendo lo spirito del mercurio estratto dal suo corpo con un altro corpo a lui adatto: “Lo Spirito separato dal suo corpo non ritorna mai in esso se non per una nuova generazione dell’uomo nell’utero della Donna incinta”.  

Perché il  percorso del Mercurio possa essere invertito la putrefazione e la purificazione della forma in cui lo Zolfo è stato proiettato devono essere complete.

Tutto ciò, dice Santinelli, assomiglia a quello che avviene in una lunazione completa, con la differenza che quando la Luna cresce nuovamente, se si tratta della “Luna interiore” dell’uomo, essa si trasformerà nel Sole e non calerà più.

Per generare qualcosa, sottolineano gli alchimisti, occorre scegliere un soggetto della stessa specie di ciò che si vuole generare…

La Medicina Universale, ottenuta dalla fusione del Sole e della Luna alchemici , è oro portato al sommo grado di perfezione, oro esaltato fino al cielo e per ottenere questo oro come fusione di Mercurio, Zolfo e Sale i soggetti vanno scelti prima che essi si siano differenziati in sostanze particolari, perché tutti i metalli hanno una radice comune, uno stesso seme che li genera, una scaturigine che li produce.

Tale spirito universale, rivestito di luce, si materializza attraverso la decozione in tutte le cose, ma è utile all’Opera solo se viene estratto prima di essersi specificato e differenziato nella materia volgare nella “Oscura prigione dei metalli”, la sede del seme vivo che da origine a tutti i metalli.

Molti e interessanti paragoni vengono fatti per illustrare la duplice natura del nostro modo di rapportarci a persone, cose e fatti: Cosi quando amiamo una donna in realtà ci misuriamo sia con una donna reale che sussiste nel mondo “esterno” sia con l’immagine che abbiamo di lei nell’anima, un “eidolon”, che è poi il vero ricettacolo della nostra energia psichica.

Analogamente utilizziamo l’immaginazione attiva sia per rivestire di profondità e significato cose ed azioni, sia per creare “ex abrupto” in noi immagini di cose che non esistono (o che non esistono ancora, si pensi all’opera di un artista) che di azioni che non sono state (ancora) compiute.

Santinelli insiste particolarmente sul fatto che, sebbene il Mercurio sia presente in ogni regno della Natura, non è nel regno animale o in quello vegetale che lo si deve cercare, bensì in quello minerale e in particolare nei metalli…(qui non è inopportuno osservare che l’alchimia occidentale ha le sue radici in una tradizione che è in parte greca e in parte egizia e che in greco, il termine per  “metallo”, “metallon”, è omofono a “metà allon”, cioè “attraverso l’Altro”)….

Il segreto dell’Opera sta tutto in una inversione tra oro ed argento di cui parla ad esempio Huginus a Barma in “Il regno di Saturno trasformato in oro”: “A meno di non invertire l’ordine della Natura, voi non genererete dell’oro che prima non sia stato argento… Nulla di estraneo entra nella nostra Opera, essa non ammette e non riceve nulla che provenga da altrove” e anche Ripley ci dice che “Il nostro Mercurio non può essere estratto da nessun minerale né da un solo metallo ma occorre estrarlo da più cose che sono nell’essenza di una unica sostanza e di una sola radice”

Una inversione che ritroviamo anche nel testo settecentesco di Esprit Gobineau de Montluisant dedicato ai portali della cattedrale di Notre Dame a Parigi, nel quale egli ci fa notare che nella successione dei 12 segni zodiacali incisi sul portale di sinistra c’è una curiosa inversione tra il segno del Cancro, domicilio della Luna, legata all’argento, e il segno del Leone, legato al Sole e all’oro.

Aurach De Argentine scrive ancora nel “Prezioso dono di Dio”: La Pietra che è necessaria in questa Opera è di cosa animata, la troverai ovunque in pianura, nei monti e nelle acque, la posseggono tanto i ricchi che i poveri, ed è di pochissimo prezzo e carissima, cresce dalla carne e dal sangue, è preziosa per chi la conosce, è la verdura che genera tutte le cose e la sua natura benedetta dall’Imperfetto fa il Perfetto”.

Ancora, il Cosmopolita immagina questo dialogo tra l’Alchimista, il Mercurio e la Natura: “Alchimista – Sei grande? Mercurio – Prendi me come esempio, sarò uno da mille goccioline, da una do molte migliaia di gocce; e poiché il mio corpo è nei tuoi occhi, se sai giocare con me potrai dividermi in tutte le parti che vorrai, di nuovo sarò uno; dunque che dire del mio cuore che, sempre, da una minutissima parte ne produce molte migliaia? Natura – Devi sapere che ho un solo figlio di tal genere, è uno dei sette ed è il primo, lui che era  soltanto uno è anche tutte le cose, è nulla ed il suo numero è intero. In lui sono quattro elementi, ma non è un elemento. E’ spirito avendo corpo, è uomo ma agisce come la donna, è fanciullo e porta armi da uomo, è un animale e tuttavia porta ali da uccello, è veleno ma cura la lebbra, è vita ma uccide tutte le cose, è Re ma un altro ne possiede il regno, fugge col fuoco ma il fuoco si prepara da lui, è acqua ma non bagna, è terra ma viene seminato, è aria ma vive di acqua”

Cosi come si parla di due Zolfi vi sono anche, nella letteratura alchemica, due mercuri, uno solare e l’altro lunare, che occorre fondere tra loro perché lOpera si compia. Il Mercurio è, allo stesso tempo, servizievole e inafferrabile ed è per ciò detto servus fugitivus o cervus fugitivus.[6]

Fulcanelli, nelle Dimore Filosofali, descrive l’Alchimia raffigurata allegoricamente come Prudenza: “Alcune statue allegoriche della Prudenza hanno come attributo il serpente fissato su di uno specchio. Questo specchio, firma del minerale grezzo fornito dalla Natura, diventa luminoso riflettendo la luce, cioè manifestando la sua vitalità con il serpente, o mercurio, che teneva nascosto sotto un grossolano rivestimento. Così, grazie a questo agente primitivo, vivente e vivificante, diventa possibile restituire la vita allo zolfo dei metalli morti. Nell’esecuzione dell’operazione il mercurio, sciogliendo il metallo, si impadronisce dello zolfo lo anima e muore cedendogli la propria vitalità. È quanto vogliono insegnare i maestri quando ordinano di uccidere il vivo per risuscitare il morto, di corporificare gli spiriti per rianimare le corporificazioni. Quando si possiede questo Zolfo vivente ed attivo, chiamato filosofico, per iniziare la sua rigenerazione basterà congiungerlo, in proporzione conveniente, allo stesso mercurio vivente per ottenere, grazie alla compenetrazione reciproca di quei principi viventi, il Mercurio Filosofico o animato, materia della Pietra filosofale”.”[7]

Scrive poi le Chevalier Inconnu in “ La Nature à decouvert”: “…Il Mercurio Filosofico, che è un elemento vivo e spirito universale, si ottiene dalla riduzione di una cosa secca in acqua e ciò si fa unicamente servendosi del suo fuoco e del suo sangue, che i filosofi chiamano coda del Drago o Acqua Mercuriale”. A proposito del Solvente Universale Huginus a Barma dice: “Chiunque ignori il mezzo per distruggere i corpi, ignora anche il mezzo per produrli”. E la letteratura alchemica si dilunga ancora sull’argomento con queste parole: “La prima parola della nostra Opera è la riduzione del rame in argento vivo (soluzione)…E’ la conversione dei corpi in acqua liquida dalla quale furono generati all’inizio, cioè in argento vivo. Cosi il ghiaccio si trasforma nell’acqua dalla quale ha avuto origine” (Arnaldo da Villanova, “Semita Semitae, la scorciatoia del sentiero”).

Riducendo cosi i corpi alla prima origine dello Zolfo e del Mercurio si può fare in breve tempo sulla terra ciò che la Natura ha operato sotterraneamente nelle miniere per migliaia di anni, il che è quasi miracoloso.” (Pontanus, “Epitre du feu philosophique”).

Il solvente è chiamato talvolta “primo mercurio”, talaltra è detto “calamita”, ma più spesso la dissoluzione e la decomposizione sono determinate dall’intervento di Saturno, il quale, corrompendo i metalli, libera lo Zolfo che deve unirsi al Mercurio: Sappi figlio mio che la Pietra dei filosofi deve esser fatta per mezzo di Saturno e quando la si è ottenuta allo stato perfetto, essa può compiere la proiezione sia nel corpo umano, all’esterno come all’interno, sia nei metalli. Sappi, quindi, che tra tutte le produzioni vegetative non esiste segreto più grande di quello che si trova in Saturno nel quale essa si nasconde.

Saturno contiene nel suo interno l’Oro probo, cosa questa sulla quale sono d’accordo tutti i filosofi; quest’oro può essere estratto a condizione che si tolgano tutte le impurità, cioè le feci, e in tal caso viene detto: purgato. L’esterno è portato all’interno, l’interno è manifestato all’esterno, da ciò deriva il suo color rosso, per questo è stato chiamato l’oro probo” (Isacco l’Olandese, “Oeuvre Vegetable”).

Paracelso nel “Quinto canone di Saturno” da le istruzioni per preparare il “mestruo di Saturno” che scioglie le perle, le gemme e i metalli e Saturno cosi parla della propria natura: “…I metalli tranne due, il Sole e la Luna, sono purgati dalla mia acqua. Il mio spirito è l’acqua che rende molli tutti i corpi, congelati e addormentati, dei miei fratelli. Ma il mio corpo è simile alla terra, a tal punto che ciò che si attacca a questa terra è reso simile ad essa e ricondotto nel suo  corpo. Io non conosco nient’altro al mondo che possa fare questo come io lo faccio”

Secondo Raimondo Lullo il Mercurio Filosofico si estrae dal piombo filosofico mentre  Kunrath lo definisce come “il sale di Saturno” e parla della sua raccolta come di “attirare il Leone con lusinghe fuori dalla caverna del monte Saturnio”. Il Mercurio Filosofico, che “si nasconde nel cuore di Saturno” è anche chiamato “prole di Saturno”.

Nella chiave IX Basilio Valentino dice: L’essenza di Saturno è una smodata freddezza insensibile che, attaccando il corpo metallico e ignificato, lo riconduce a se…Tale cambiamento ha origine principio e fine da Mercurio, Zolfo e Sale…Da Saturno provengono i colori dell’Arte, ognuno dato in dono in seguito all’apertura di una nuova porta per effetto dell’Arte.” Nella chiave VII, invece, viene detto che l’alchimista deve “apprendere a riconoscere nelle ruote dei cicli dell’Opera le quattro stagioni, ordinando quei cicli secondo Natura. Il suo strumento dovrà essere il calore del Sole ermetico, che egli doserà convenientemente.”

Il segreto che riguarda il regime del fuoco e l’utilizzazione corretta del Mercurio è adombrato da queste parole: “Prendi l’acqua spirituale sulla quale all’inizio lo spirito si appoggiava e grazie a lei chiudi l’entrata della fortezza: effettivamente la Città Celeste da questo tempo sarà assediata dai nemici terrestri. Ed il tuo cielo deve essere fortemente protetto da trincee e bastioni, senza alcun accesso eccetto uno che deve essere potentemente difeso dalle guardie”.

In tal modo, dice Basilio, si potrà “ritrovare la dracma perduta con la lampada della sapienza” e “ci si renderà uguali agli spiriti celesti perché l’acqua sarà seccata ed il cielo e la terra, con tutti gli uomini, saranno giudicati dal fuoco”.

Ancora Le Chevalier Inconnu, in “La Nature à decouvert”, vede il Mercurio Filosofico come unione di Mercurio, Zolfo e Sale che costituiscono tre sostanze in una. Il Mercurio è però legato in ceppi in un’oscura prigione e deve essere liberato dall’alchimista.

Nel “Libro delle Figure Geroglifiche” Nicolas Flamel  ci indica il modo di fissare il Mercurio, la cui natura è volatile, con l’immagine della strage degli innocenti fatti trucidare da Erode[8] nel tentativo di impedire al Cristo di realizzare la profezia che lo voleva futuro Re di Israele: Il primo Agente… si identifica con l’Argento vivo che non può essere fissato ed al quale non si possono tagliare i piedi alati, cioè non gli si può togliere la volatilità senza prima averlo sottoposto a lunga cottura nel sangue purissimo dei Fanciulli”.

In questo sangue poi l’Argento vivo, mescolandosi con l’oro e l’argento, dapprima si converte con essi in un’erba simile a quella rappresentata nel Libro misterioso trovato da Flamel[9] e in seguito, per Corruzione, si trasforma nei serpenti che, interamente disseccati e cotti al fuoco, si ridurranno poi nella polvere d’oro con la quale si fabbrica la Pietra.

Ricordiamo infine il motivo della fons mercurialis come fonte di giovinezza, fonte di rigenerazione, fonte segreta il cui accesso è nascosto ai più, alla quale il Re e la Regina alchemici vengono a bagnarsi. Cosi ad esempio Morieno nella “Trasmutatione metallorum” (Artis auriferae) scrive, parlando del Mercurio:

Oh acqua dal sapore amaro ed aspro!

E’ infatti difficile per chiunque

trovare questa fontana”.

 

di Alessandro Orlandi  
 

Tratto dal sito http://www.fuocosacro.com

 

[1] Secondo Ireneo Filalete (“L’entrata aperta al palazzo chiuso del re”) “Tre sono i princìpi che costituiscono il Mercurio dei saggi: 1) Il fuoco, la cui natura è a metà tra la sostanza minerale e quella metallica, senza essere partecipe né dell’una né dell’altra 2) Il liquido della Saturnia vegetale, un Caos che serve da madre a tutti i metalli e serve per estrarli, detto anche Arsenico, Aria, Luna, Magnete, Acciaio, che permette di estrarre il Diadema dal mestruo della meretrice 3) Il vincolo dello stesso Mercurio.

[2] Dice ancora Ireneo Filalete (op. cit.) “Questo Mercurio non deve essere quello volgare ma quello dei saggi, poiché tutto il mercurio volgare è maschio, cioè corporale, appartenente a una specie e morto, mentre il nostro è spirituale e femminile, vivo e vivificante”

[3] Alcuni però attribuiscono “Azoth” all’alchimista arabo Senior

[4] Cioè ricondurre al Sole rispettivamente Venere, Marte, Giove e Saturno

[5] Nella “Lux obnubilata” si firma  Fra Crassellame chinese

[6] Fin dall’antichità il cervo è, nell’immaginario popolare, il mammifero che mangia i serpenti. L’ingestione del rettile gli provoca una sete divorante ma, se resiste a tale sete e non beve, diviene immortale.

[7] Cfr. Fucanelli, Le dimore filosofali, Roma 1973

[8] L’immagine riprodotta nel libro di Flamel mostra un Re coronato il quale, con una spada sguainata in mano, da ordine ai suoi soldati di uccidere dei bambini il cui sangue finisce in una tinozza nella quale si bagnano il Sole e la Luna. Sul retro si vedono un uomo e una donna raccolti in preghiera. L’immagine del Mercurio fissato è invece data da un serpente crocefisso.

[9] Il libro di Abramo l’ebreo, che Flamel dice di aver acquistato durante un pellegrinaggio a Santiago di Compostela da un robivecchi per la somma di due fiorini, è costituito da immagini incise nella corteccia d’albero. Tali figure avrebbero svelato a chi avesse saputo interpretarle correttamente tutti i segreti dell’Arte alchemica.

* L'autore ha sviluppato alcune delle idee esposte in questo articolo nel suo saggio “Dionisio nei frammenti dello specchio”, Irradiazioni Roma 2003


 

 
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