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- Il Rito del Peyotl -

(21/06/2016)

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Il Peyotl

Esiste ancora oggi una popolazione nel Messico, precisamente nella Sierra, dedita al culto di una radice particolare chiamata Peyotl.

Una pianta che gli occidentali considerano come una droga diabolica.

Questa popolazione si chiama Tarahumara ed è proprio in quel luogo che questo rito è stato “inventato”: la cosiddetta danza di guarigione con il Peyotl.

Per quanto possa sembrare appunto una danza atta a sballare i sensi, in realtà il suo significato è riconducibile a tutti i simboli delle culture sparse per il Pianeta, e quindi alla Tradizione in generale.

Nonché di guarigione proprio per il fatto che cura l'essere da ogni malattia.

Da secoli gli occidentali hanno sempre criticato il totemismo e l’adorazione di feticci, ma c’è da chiedersi quanto invece queste popolazioni tuttora a contatto con le leggi della Natura non siano invece ancora le reali portatrici di verità profonde.

Tanto per cominciare una popolazione che coinvolge in un rito entrambi le energie, e quindi uomini e donne, richiama maggiormente la completezza rispetto ad una cultura che invece ha rinnegato la forza dell’Eros credendolo un atto di purezza.

E rinnegando a sua volta le potenzialità dell’energia femminile.

Chi sono i veri selvaggi a questo punto?

Vediamo come si possono fare le dovute riflessioni sull’argomento...

Il rito comincia così:

Viene tracciato un cerchio in terra e le donne, inginocchiate, pestano il Peyotl in dei mortai di pietra.

Il rito del Peyotl

Alcuni assistenti intanto calpestano il cerchio e in mezzo ad esso viene acceso un rogo.

Verso oriente vengono piantate dieci croci, ognuna con uno specchio attaccato sopra.

Dieci, che è il numero dei Maestri Invisibili del Peyotl.

E tra quelle croci vi sono rispettivamente ciò che i Tarahumara chiamano San Ignacio, cioè il Principio Maschio, e San Nicolas, il Principio Femmina.

La danza nel cerchio è già cominciata ed è una danza che racconta la storia del mondo racchiusa tra due soli: uno che declina e uno che sorge.

Questa danza si svolge dunque, come sempre (e come tutte le tradizioni) sulla dualità.

Il danzatore entra ed esce da questo cerchio a ritmo della danza, in senso antiorario, a disegnare la Malattia.

Si dice che il procedere in quella Malattia sia come un viaggio, una discesa nel Buio per uscire poi nuovamente alla Luce.

Poi, ai piedi di ogni stregone, vi è una buca sul cui fondo “riposano” le radici del Peyotl: il Maschio e la Femmina della natura, cullati nella terra, nella Materia.

L’analogia non è solamente retorica, ma fisicamente concreta, poiché le radici del Peyotl rappresentano esattamente l’immagine dei sessi dell’uomo e della donna uniti assieme.

E sopra la buca è coperta da una ciotola d’argilla o di legno capovolta, come a rappresentare il globo del Mondo.

Su di essa gli stregoni raspano una mistura, separando i due princìpi nell’Astratto, mentre sotto di questa i princìpi incarnati dalla radice, riposano nella Materia, nel Concreto.

Questo passaggio rituale si ricollega al simbolismo dell’Androginia e quindi a quella fase che in Occidente viene riconosciuta con il Solve et Coagula: un rito di purificazione dove l’Essenza va risvegliata dapprima separandola e poi ricongiungendola attraverso il lavoro dell’Iniziato.

Terminate le dodici fasi della danza, che si svolge dal tramonto all’alba, il Peyotl pestato viene fatto passare a tutti i partecipanti e poi risputato in buche nel terreno.

Momento del rito

Dopodiché, colui che deve essere spogliato della Malattia, cioè l’Iniziato, viene condotto per la guarigione finale verso le croci, dove viene cosparso di acqua e colpito ripetutamente sul cranio con una raspa.

La raspa che gli stregoni usano nel rito del Peyotl non è altro che la bacchetta dei maghi.

L’uomo chiamato a fare lo “stregone” deve trovare la propria raspa in un luogo dell’altra Sierra dove questo legno risiede.

Dunque il tarahumara che si sente pronto per maneggiare questa bacchetta e dunque responsabile del potere della guarigione, deve per tre anni, durante la Pasqua, dimorare una settimana nella foresta. Proprio nel periodo in cui in Occidente Cristo risorge.

E sono tre volte sette, come un ciclo completo degli Arcani Maggiori.

E lì, si dice, il Maestro Invisibile del Peyotl comunica il Segreto al novizio stregone.

Un segreto assolutamente incomunicabile al resto della popolazione.

Come può essere il Segreto intuibile durante i quaranta giorni del Deserto.

Non è per egoismo o cattiveria che questo arcano non viene svelato, ma semplicemente per il fatto che il “segreto iniziatico” è incomunicabile di per sé, è un’intuizione che proviene dal lavoro interiore di ognuno.

Per questo il messicano tarahumara dimora da solo nella foresta, senza intermediari, se non se stesso.

Tutto ciò che accade allTniziato nella foresta e che rimane segreto, è contenuto nel rito della danza del Peyotl che suggerisce questo Principio, ma il suo reale significato può essere concepito solo da chi ha attuato, come gli stregoni, un lavoro interiore.

Non è un caso che anche in questo rito ad un certo punto il “malato-iniziato” venga condotto verso le croci e dunque crocifisso, vale a dire fissato nei quattro punti cardinali.

Come il Peyotl che viene pestato, smembrato, masticato e infine risputato nella terra, così il corpo dellTniziato, per risvegliarsi, va crocifisso, battuto, e ri-coagulato.

Discende negli Inferi fatto a pezzi, per ritrovare la Luce con un Corpo Nuovo.


 

 
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