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La Fonte Meravigliosa - seconda parte
(20/11/2012)

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…Mi alzai, stordito tentai di riprendere il cammino, indugiando un attimo a riconoscere nella testa scolpita su cui ero seduto le fattezze del giovane giocatore di dadi, lo stesso che dischiuse e rivelò ai miei occhi il segreto della Fonte.

Barcollando azzardai dei primi passi incerti, incespicai, poi meglio, mi ricomposi, sollevai lo sguardo, il Sole era al tramonto e la Luna sorgeva piena dietro le guglie e le torri del castello.

Nel blu intenso, striato dai riflessi rossi e viola di poche nubi taglienti all’orizzonte, si accese Vespero accompagnata dall’inebriante tersa freschezza dell’indaco che avvolse i profili ormai scuri dei monti, disegnando la loro presenza sacra e misteriosa, sciogliendo, nella sua limpidezza di diamante, le asperità del paesaggio, penetrando profondamente nella trama che il Musagete mi aveva tessuto così ostile, e annullando le distanze.

La leggerezza tornò così a guidare i miei passi, colmò la mia mente delle fragranze cosmiche che confondono terra e cielo quando l’infallibile nunzio cede il trono all’indomabile sorella e all’universo stellato.

Procedevo svelto nella notte tra soavi spontanee melodie interiori, presto mi trovai nei pressi di una caverna al cui interno intravidi giumente in riposo, fuori era seduto un pastorello intento a tracciare strani cerchi e disegni sul terreno vicino al fuoco.

Mi avvicinai incuriosito accennando un saluto per attrarre la sua attenzione, ma il fanciullo levò su di me gli occhi fulgidi ponendosi l’indice sulla bocca socchiusa per zittirmi.

Guardai i disegni: all’interno di un cerchio formato da un serpente che si morde la coda vi era un grifone, sulla destra, con in testa una falce di luna, opposto a un leone con sul capo un sole, tra i due un drago sosteneva un enorme libro aperto su cui era rappresentata una chiave sormontata da un Aquila e dall’epigrafe: “PER ELENAM AD SOPHIAM”…

…Un ansimare, un ansimare lento e potente, un respiro teso, sforzato, inquietante, un’aria fredda dall’odore acre e pungente penetrò l’oscurità minacciosa che velocemente sostituiva il candore lunare, temibili figure rosse con ali a membrana solcavano il cielo scuro, nel buio dell’antro si accesero un paio di enormi occhi ardenti che puntarono la mia inspiegabile piacevole tranquillità.

Il Drago uscì stagliandosi nel plumbeo e fiammeggiando feroce e irridente. Non ebbi paura, ma tre figure umane vestite di saio stracciato e dal volto oscurato sotto il cappuccio, presero a schernirmi: – non hai paura eh! E’ coraggioso lui, ah ah ah! Ti piace la ragazzina eh!

E vediamo un po’, cosa avresti da offrirle eh! Un fannullone, buono a nulla come te ah ah ah! – Continuavano così, a ruota libera, senza pause, alzando i toni con pesanti improperi.

L’energia densa e pastosa delle loro male parole incrinava la mia sicurezza dall’interno, quasi fossi io stesso a pronunciarle forti e impietose nella mia mente.

Mi appesantii, cominciò a bruciare dentro di me il fuoco gelido della paura, vacillai, le gambe non mi reggevano più e un tremito atroce urlava nelle mie costole, il plesso solare si contrasse e si chiuse a riccio come un pugno duro nell’addome che non lascia più uscire nulla, ancora il buio e l’apparente incoscienza mi accolsero…ma ecco…

…ecco la Sua luce danzante
che avanza nella Nera Matrice
ecco il suono non prodotto
che risplende nel Ventre Oscuro
l’eterno Seme
che genera equilibrio
il tamburo non percosso
che invita alla danza
la danza nel cerchio di fuoco
il fuoco che divora ciò che non è paura
ciò che non è terrore

non temere il mio sorriso
sta al centro
ti salverà
il mio piede è sollevato
non tocca il velo
è il tuo destino
il mio piede poggia sul tuo capo
non preme affatto
ti schiaccerà

così, come in uno specchio
vedrai il mio volto
così, come in un riflesso
vedrete voi stessi
così, come è stato, è, e sarà
saremo una cosa sola

eccomi, non sono questi corpi malati
eccomi, non sono quest’anima ferita
eccomi, non sono questo spirito orfano

eccomi, ora conosco
 ora so
 sono, ora sono…
…sempre
Hic et Nunc
OM NAMAH SHIVAYA…

…Eccomi, come il Kadmon, eccomi innanzi all’albero dai frutti di fuoco, il Drago è un serpente senz’ali avvinghiato ai suoi rami che insidia la mia eternità, in cambio offre la mia onnipotenza, non più creatura ma creatore.

Ascolto i suoi sibili che separano gli elementi, elementi che sfidano la mia capacità, ora c’è un sopra e un sotto, una destra e una sinistra, ora so ma non sento, sento ma non so.

Sibila ancora, il suo alito è denso e apre una voragine infinita alle mie spalle, dal cui fondo nebbioso giungono strazi e gemiti.

La nebbia sale e si mescola alla luce livida e fredda di mattino invernale che gela il mio precario equilibrio sull’orlo del precipizio…

…Cado, cado infinitamente e vedo, ora vedo…come sarà…vedo strani esseri nuotare in brodi primordiali, strisciare in melme fangose…siamo noi…quindi mutare forma e camminare faticosamente tra intricati sottoboschi…siamo noi…vedo una nuova legge…sopravvivere…adattarsi…evolvere… verso l’ignoto …vedo animali simili a uomini stretti in una morsa, negano il loro passato…e ne sono vittime…temono il loro futuro…e non lo guardano…dimenticano il loro presente…e non lo vivono…vedo una nuova legge…paura…terrore…angoscia…vedo uomini simili a bestie che in nome di Dio stuprano la Sua sposa…la loro Madre…straziano i Suoi figli…i loro fratelli…ingrassano se stessi…senza ritegno…vedo una nuova legge…prevaricare…sopraffare…sfruttare…vedo uomini simili a Dei che soffrono…senza giustizia…che vincono…senza essere premiati…che Amano…senza riserve…vedo il Figlio dell’uomo, circondato da fanciulli festanti, tra vapori e sbuffi di polline accesi dal sole splendente di primavere feconde…vedo il Figlio di Dio appeso ad un legno…oscurare i cieli…perdonare…per un istante …temere…vedo lo squarcio di Longino…nutrire la Coppa …impregnare la terra…risvegliare Adamo…odo un forte tuono…tutto è compiuto…vedo l’unica legge…fiorisci nell’Agape…

…Un soffio, un soffio caldo, posato, tranquillo, un po’ denso, quasi estivo, scosta appena la tenda e satura la stanza di luce pomeridiana assonnata e ferma, un flauto echeggia dal salone una trama barocca dolce, solenne, calda, posata, tranquilla; lascio i miei giochi solitari e do uno sguardo alla finestra, gli alberi del viale respirano una profumata foschia un po’ densa ma calda, posata, tranquilla; materne massaie sbucano, di tanto in tanto, con panni da asciugare, sui piccoli terrazzi in serie dei palazzi intorno, emanando, ad ogni gesto lontano, il profondo senso cosmico del modesto agire quotidiano; le traiettorie ardite delle rondini sembrano ricamare le armonie  che risuonano nel piccolo accogliente appartamento, il loro grido affilato, inanellato dai gorgheggi di alcuni uccelli cittadini, riverbera nei sapori caldi ascendenti; il tepore profumato dei platani m’avvolge e compenetra mentre la brezza accende lentamente i colori, fisso lo sguardo e confondo la mia presenza col cielo azzurro, immergendomi nella celeste lucentezza che irrompe nella densa opacità rivelando i fulminei brillamenti del prana.

Una campana rintocca dal centro città con cadenze a grappolo, distratto seguo la deriva di un seme di pioppo, il cui destino è il tetto incatramato del cinema, nel cui eco sordo e attutito ascolto da sempre film anonimi e immaginari pescati negli abissi inconsci del non-tempo; il parchè scricchiola, nello specchio sulla parete opposta alla finestra osservo i miei nove anni, sul pavimento è montata una piccola intricata foresta di cartone che ostacola il sentiero numerato verso il castello ad un cavaliere di plastica in armatura, scudo e spada.

Comincio a muovermi piano tra le stanze, esploro lentamente il frammento eterno che mi ospita; una miniatura sulla parete coglie due bimbe intente ad aggiustarsi le scarpette da ballo, sull’altra imponenti mulini a vento in prospettiva accompagnano un placido fiume tra alberi e coltivi, un isola tropicale culla un aborigeno nell’atto di bere da una ciotola rossa, nubi oscure minacciano il favore della luna ad un uomo con spessi occhiali, che assaggia il suo sentiero notturno col bastone, svelando al suo capo chino, lentamente e faticosamente con la sua lucerna, le impronte di una splendida dama che lo precede non vista.

Su un piatto decorato sullo scrittoio una donna siede reggendosi la testa con lo sguardo perso tra oggetti strani e voltando le spalle alate ad un alba incoronata da un arcobaleno, su di un altro un amazzone sdraiata su un lettino appoggia ammiccante e sicura il frustino sullo stivale…

Un sobbalzo al cuore ed esitando appena sacrifico istintivamente la mia essenza al mistero irraggiungibile del suo sguardo raffinato e selvaggio, esplodendo spontaneamente in un ansimare intenso che strappa ogni tensione e ristagno nel mio addome, in un orgasmo di adorazione contemplativa che pretende come unico premio la grazia di poterLa servire eternamente.

L’ansimo si fa piano piano più accettabile, le impressioni auree alleggeriscono ogni sforzo vibrando armonie avvolgenti nell’etere, mentre un candore nell’addome sinistro mi solleva verso un dipinto a piena parete da cui una donna dai capelli rossi, in una preziosa veste bianca con la manica destra rossa, mi osserva enigmatica seduta su un sarcofago.

La sua mano sinistra guantata indica un nobile cavallo sul bassorilievo del frontale sotto di lei, il cavallo si dirige verso la sinistra del sepolcro, dove si assiste ad un omicidio e dove all’estremo sono raffigurati un uomo e una donna vicino ad un albero.

Al di sopra di quest’ultima immagine la stessa donna, vestita solamente di un telo rubino alle spalle e un drappo bianco a velar l’intima natura, tiene nella mano sinistra sollevata una lampada accesa. Nel sarcofago c’è dell’acqua, e un putto in mezzo alle due donne, anch’esso dai capelli rossi, si sta divertendo a sondare ed agitare la sua mano nel  liquido, che sgorga in basso copioso da un’apertura centrale bagnando la terra…

…Comprendo così dei tre fuochi che accendono l’uomo e governano i mondi eterni, ordinando gli elementi, guidando il destriero della rivelazione alla propria dimora reale…comprendo delle infinite possibilità dell’Amore…e della quintessenza al centro che impedisce la fuga…comprendo il caos ordinato che stimola alla Perfezione…comprendo che tutto dipende da noi da ogni nostro pensiero, parola, azione, in ogni istante per sempre.

Tutto si confonde in beatitudine ed io proietto la mia essenza in vertiginosa ascensione, fino a trovarmi a sorvolare a grandissima velocità ampie distese verdeggianti, giocando a volteggiare nella brezza frizzante, tuffandomi in nubi dense e bianche ed esplodendo la mia gioia nell’azzurro…

…Il drago dispiega le sue ali e punta diritto al Sole, offrendo il petto al dardo salvifico di Diana, che trasmuta la sua indomabile potenza nella Divina Armonia del bianco splendente Pegaso…

…Il Suo volo sicuro
acceso nella brillantezza d’Apollo
fende l’intenso blu e oro
fende i fulgidi tepori celesti
che sanno del Suo nobile incedere
e le muse tutte
danzano un cerchio
attorno alle Sue candide ali
guidandolo al monte ambizioso
che fermerà la sua corsa, solo quando
scaturirà la fonte
la Fonte Meravigliosa…

…ed Essa disseterà
d’arte e di scienza
in egual misura
sciogliendo nel sangue dell’uomo
l’elisir dell’eterna trasformazione
l’eterno rinascere
l’eterna danza
guidata da Voluptas
l’eterno dinamico evolversi
intorno al centro
immobile
immutabile
Amore…

…Ama senza brama
senza concupiscenza
il mistero
della Vergine irraggiungibile
deponi ai suoi piedi la tua spada
e al sorgere del Fratello
vola sulle ali delle conoscenze senza fine
impugnando la spada
che trasforma
i metalli pesanti…

…eccomi innanzi al castello…Lei m’attende in vesti bianche seduta sulla fonte, avvolta dalla folgorante fresca luce del mattino, mi avvicino lentamente sorridendo, m’inginocchio, ora è tutto chiaro, al suo dolce cenno bagno il mio capo sotto i due getti abbondanti che rendono limpido il mio vedere, ed Ella mi mostra, ad oriente, la vera natura dell’Astro che annuncia la grandiosità degli universi che illuminano la notte ad occidente…

 
…il Giglio si schiude
le labbra alitano l’un l’altra
il piacere intenso infinito di unirsi
senza fretta
nella dolcezza eterna
che libera le prelibatezze cosmiche
della vera causa e del vero scopo…

…ci sciogliamo in un turbine di luci roteanti che trascendono il conosciuto e l’immaginato, trascendono la realtà ed il reale, trovando dimora nei fulminei bagliori di contatto e distacco, lotta e amplesso, trovando nel nostro gioco amoroso dinamico la sublimazione d’ogni identità assunta in qualunque forma o dimensione passata e futura.

Fatti di sola luce, dagli occhi splendidi e selvaggi, veleggiamo osservando compiaciuti superbi mondi, i cui significati si confondono in bellezza.

Con traiettorie circolari spontanee e perfette, cristallizziamo su campi di grano l’Amore Cosmico Universale e le sue leggi innate in cerchi e simboli arcani che sanno di future dinamiche armonie evolutive…

…ora siamo un solo intento
ora generiamo il figlio dai due volti
che governa stabile
la potenza
il magma tumultuoso
del divenire dinamico e incessante.

 


 

 
-Fine-

 

Sergio Adreani

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
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