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Il Rito del Fuoco
(01/02/2004)

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Da cacciatore di selvaggina mi convertii in cacciatore di immagini della natura .
Ogni week-end che si rispetti, preparavo i miei attrezzi fotografici e, secondo un rito ormai consolidato, mi incamminavo tra i boschi per scoprire i segreti della Natura .
Quella domenica di marzo, era il 21, mentre passeggiavo tra gli alberi, qualcosa mi diceva che avrei fatto delle fotografie inconsuete durante il giorno. E così fu: mi trovai ad un tratto in mezzo ad una radura di forma circolare: un cerchio perfetto dentro al quale non cresceva nulla, c'era solo terra, così piatta da sembrare battuta o calpestata. Il cerchio era delimitato da un cordone di pietre levigate altrettanto perfette (le pietre erano 72 in tutto, le avevo contate!), e conteneva al suo centro una roccia anch'essa piatta e squadrata, di media dimensione; l'oriente era segnato da un piccolo masso, mentre ad occidente si apriva un sentiero stretto e lungo che portava nel folto del bosco.
Non c'era alcun dubbio che tutto quello fosse opera umana, e il luogo mi attirava e intimoriva al tempo stesso. Solo quando la luce s'affievolì, scomparendo d'un tratto per lasciare il posto alle tenebre della notte, mi accorsi del tempo trascorso. Alzando lo sguardo notai come la volta stellata, spuntando tra le cime degli alberi, sembrasse una specie di tetto per quell'edificio naturale. Ma la cosa più sorprendente fu il cambiamento che si verificò all'interno della radura: alla luce delle stelle sembrava che tutto lì dentro fosse vellutato. Poi udii il silenzio che aveva avvolto la radura: tutti gli animali, grandi e piccoli, si erano zittiti di colpo in attesa di qualcosa, Il mio istinto di cacciatore mi consigliò di trovarmi un nascondiglio al più presto. Così feci, mi nascosi tra i rami di un albero in modo da poter osservare tutta la radura.
Passarono attimi che sembrarono eterni ma alla fine qualcosa successe: due fanciulle bellissime vestite di bianche tuniche, incoronate da ghirlande fiorite, entrarono nel cerchio. Preparai la macchina fotografica montandovi il mio teleobiettivo più potente e aspettai.

Con lo sguardo le seguivo, senza perdere nemmeno una delle loro mosse aggraziate, si muovevano così lievemente da sembrare sospese nell'aria, mentre sistemavano oggetti strani, destinati certamente ad un qualche rito .
Sopra la pietra bianca centrale, le due ragazze disposero un mantello bianco dai bordi rossi; sopra di esso, al centro, un grande vassoio dorato, dove posero dei piccoli tronchetti di legno per il fuoco, e accanto ad essi un piccolo incensiere acceso.
Le fanciulle gettarono qualcosa sopra l'incensiere e subito da esso si sprigionò un fumo bianco e profumato. Una dietro all'altra girarono attorno al cerchio con questo incensiere formando un anello di fumo che si alzava fino verso le stelle. Fu allora che mi accorsi della luce che pervadeva quell'ambiente nonostante le tenebre della notte. Quella luce era verdastra ottima per scattare fotografie, così cominciai, ma in quell' istante le ragazze scomparvero. Scrutai attentamente tutta la radura, ma di loro non c'era traccia.
Intanto una lieve cantilena era sorta dal profondo del bosco, annunziando da lontano i suoi cantori. Con lo scorrere del tempo il suo tono andava aumentando finché una fila di personaggi con strani copricapo, tutti vestiti di bianco spuntò dal sentiero di occidente.

Nelle loro lunghe e candide tuniche, sembravano condividere la grazia e la leggerezza delle fanciulle che li avevano preceduti, dando l' impressione di galleggiare a pochi centimetri dal suolo. Notai che essi procedevano nella fila secondo l'età, e che l'ultimo, erano in tutto 72, era certamente il più vecchio. Dopo aver girato seguendo la rotazione del cerchio, si sedettero uno per uno finché l'ultimo si adagiò sulla pietra che segnava l'oriente. Vidi poi che le due ragazze si erano sedute anch'esse: una accanto al vecchio, ad oriente, e l'altra vicino al sentiero, ad occidente, e tutte e due impugnavano un regolo.
A questo punto un vecchio mezzo curvo, accese tre grosse candele disposte al centro del cerchio, che prima non avevo notato, a formare un triangolo. Allora tutti si alzarono in piedi e cominciò un intenso dialogo fra tre di loro.
Parlavano in una lingua sconosciuta e per quanto volessi capire non riuscii a comprendere nemmeno una parola. Scattai quante più foto potei, cercando di non perdere niente. Poi il vecchio si alzò dal suo scranno di pietra, si avvicinò al centro e diede fuoco alla pila di legni posta sulla pietra centrale. A quel punto tutti si alzarono e potei vedere i loro volti illuminati da quel fuoco. Ero veramente emozionato e non capivo come un fatto così eccezionale potesse capitare a me.
Un vecchio intonò, alzando le mani al cielo davanti al fuoco, un canto melodioso in quella lingua aliena.

Guardavo quel volto bello, doveva essere molto vecchio almeno quanto il suo linguaggio che mi faceva rimescolare il sangue e solleticava il mio corpo.
Il fuoco eseguiva una danza, intelligente, mentre il vecchio intonava la sua melodia, creando delle figure bizzarre e ipnotiche, Dopo questo, ognuno si avvicinò al fuoco e prese una fiammella ponendosela sul capo: tutto si oscurò e nel buio splendettero 72 fiammelle che si muovevano e danzavano formando strane geometrie. Ero stupito della magnificenza di quello spettacolo e rimasi incantato non so per quanto tempo prima di accorgermi che il cerchio era nuovamente vuoto e solo una lieve penombra era rimasta di tanta luce. Ci vedevo appena, ma continuai a guardare e ad aspettare, per paura, per molto tempo, poi scesi dal mio osservatorio e scappai, tenendo stretta la macchina col prezioso rullino.
Raggiunsi la mia automobile e mi avviai verso casa pregustando lo sviluppo delle foto che avevo scattato. Ma quando sviluppai i negativi, con grande sorpresa scoprii che nulla era rimasto impresso di quello cui avevo assistito, era come se fossero state scattate al buio.

Mi domandai allora se non fosse stato tutto un sogno, cosi presi l'automobile e tornai sui miei passi. Ma nel bosco non c'era traccia della radura e nemmeno di quegli strani uomini...

 
di Alfredo Di Prinzio

 
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