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Sorella Morte
(20/02/2008)

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Sorella Morte, fu così che Francesco d’Assisi la chiamò nel suo bellissimo Cantico delle Creature;

io mi azzardo a dire che essa è più di una sorella, in quanto sarà proprio lei a darci la reale iniziazione che ci consentirà il passaggio da uno stato di coscienza ordinario ad un altro più elevato.

Per cui il suo ruolo è di grande iniziatrice, condiviso con il Principe Mercurio psicopompo. Lei, la Grande Madre, Iside, che ci accompagnerà al cospetto del Padre che riunisce in sé le tre massime qualità dello Spirito, che sono Sapienza, Forza e Bellezza.

Comunque, ogni essere umano non può in nessun modo fare a meno della sua costante presenza in tutto l’arco della vita terrena, perché Lei è l’anima, è la linfa vitale, è l’aspetto femminile che ogni uomo e ogni donna possiedono nella propria interiorità.

Fu lo stesso uomo che le diede una parvenza diversa a seconda delle sue funzioni, anche se, in sintesi, è sempre Lei: la Grande Madre, l’Anima Mundis, la Gran Sacerdotessa Iniziatrice, Isis, colei velata da sette Veli e che nessun mortale osò guardare oltre e contemplare la sua nudità.

Chi può negare di non aver pensato mai a Lei durante la propria vita?

Ogni essere che vive, un giorno, dovrà fare i conti con questa rispettabile Signora; così, nolente o volente dovrà rassegnarsi ed accettare questa realtà ed essere preparato al fatidico appuntamento.

"La morte generatrice della Pietra Cubica" 
(Opera di Alfredo Di Prinzio) 

Così, molti profani evitano di parlarne per allontanarne con il silenzio un possibile influsso. Altri, forse i più superstiziosi, fanno degli strani “segni” con le mani, mentre altri ancora si toccano le parti basse del corpo per scongiurarla, allontanando così le sua “nefasta presenza”.

Invece ci sono alcuni che, avendone compreso il reale e recondito significato e non temendola più, non vedono l’ora di incontrarla per vivere quell’irripetibile momento pure se in maniera simbolica e analogica.

Queste ardite persone sono gli Iniziati, che, come veri alchimisti, sanno che, una volta superato il “piccolo arcano” dovranno sottomettersi al sacrificio maggiore, dovranno giacere nel sarcofago, morire simbolicamente, per poi risorgere completamente rinnovati, come l'Araba Fenice, dalle sue stesse ceneri.

Questo sacro-ufficio di Morte e Rinascita è il superamento della peggiore delle paure, ed è quella paura che tiene l’uomo incatenato alla materia e che poi, liberandosi, rinasce ad una nuova realtà.

Ecco che questo rito è un totale rinnovamento dell’individuo, simile in tutto e per tutto ai drammi sacri vissuti da Osiride nell’Antico Egitto, da Gesù in Medio Oriente, che, morendo, risorgono, cambiando se stessi e la propria umanità cellulare.

Anche l’Eroe Prometeo, incatenato alla materia, supera questa terribile prova e, in questo mito, è Ercole colui che lo libera, perché si tratta di un dramma interno all’uomo, che ha il medesimo valore e significato, quello di auto trasmutarsi, conseguendo il vero Sacerdozio della Luce.

Ma prima che il Candidato si sottometta alla terribile prova della propria morte, dovrà affrontare il “Deserto” e il Passaggio del “Mar Rosso” che equivale alla purificazione del suo stesso sangue, mentre il Deserto viene chiamato così per la grande solitudine che  vi si sperimenta senza poter ricevere alcuno aiuto. Infatti, soltanto lui avrà la capacità di inoltrarsi nei labirinti della propria anima, e solo lui potrà guadagnarsi la capacità di tirarsi fuori.

Simbologia della fase al "Nero" nell'arte trasmutatoria alchemica. 
(Opera di Alfredo Di Prinzio) 

Consapevole di questa mappatura iniziatica e forte per aver temprato la sua volontà, nel proprio fuoco, discenderà nell’”interiore terrae” fino ai piani più bassi del proprio Inferno e lì, nel buio più fitto dell’anima, immergendosi nelle oscure acque del Chaos, dovrà affrontare la propria bestialità e se ne uscirà vincente, la sua stessa bestialità gli donerà la Pietra dell’autotrasformazione.

Entrato in possesso della Pietra, darà inizio al lavoro di sgrossamento con il “Martello-Volontà”, per passare, poi, all’utilizzo, in aggiunta, dello “Scalpello Emozionale”, per attuare così la levigazione del cubo.

E’ in questa maniera che il solerte discepolo materializza la propria Pietra, esternandola, e poi, verbalizzando con la parola perduta ritrovata e con l’utilizzo della Spada Fiammeggiante che le è propria, eleva la Pietra potabile nel calice delle libagioni e dal Cielo la fa precipitare nei profondi abissi dell’anima. Lì, nell’Athanor alchemico inizia la fase del separando, dove il puro si separa dall’impuro e, con pazienza e costanza, utilizzando un fuoco vivo, attraverserà le diverse fasi della “morte”: il nero, il rosso e il bianco e, dopo tre giorni, risorgerà, pronto per intraprendere un altro volo.

Per ben quaranta volte l’iniziato discenderà nei propri inferi e, ogni volta, sperimenterà la propria morte, per poi innalzarsi, come in un volo di bianche colombe verso le alture insondabili dello Spirito. E quando lo scopo sarà raggiunto e la cottura al punto giusto, giacerà nel sarcofago, fisicamente, e “morirà” come morì il maestro architetto Hiram Abiff, per poi risorgere, completamente trasfigurato, salvando tutta la sua umanità cellulare.

Il sarcofago di Hiram Abiff

Queste analogie simboliche racchiudono tutto il mistero delle diverse Tradizioni: la Brahamanica, Osiridea Egizia, Buddista, Mitraica, Cristiana, Celtica nordica, e di tutte le Scuole Ermetiche iniziatiche che attribuiscono all’Eros salvifico la costituzione del Corpo di Gloria.

Così ogni Iniziato vero, che si rispetti, dovrà passare attraverso la prova della propria Morte Simbolica. Vivere il Grande Dramma e Risorgere come il Sole-Invicto durante il solstizio d’inverno, a imitazione del maestro Gesù che morì e dopo tre giorni risorse dai morti.

La morte simbolica è un passaggio obbligato per coloro che cercano la “laurea” in questa scuola terrena, in caso contrario sono simili ai “soffiatori”  che rubavano agli alchimisti i loro segreti trasmutatori.

Perciò, ripeto, in tutte le tradizioni si attuava e si attua questo rito della Morte e Resurrezione dell’Eroe. L’uomo diventa un Liberto, un liberato, perché è la “Morte” la liberatrice che gli dona i poteri sulla Vita e sulla Morte consacrandolo Sacerdote in Eterno.

A chi non è capitato di ammirare qualcuno che con la sola presenza sprigiona un aura di sicurezza, d’armonia, di pace?
E’ ovvio che, se gli domandate il perché, non riceverete nessuna risposta, però al cento per cento è sicuramente un iniziato che ha superato la prova della Morte Iniziatica, si è Cristallizzato ed è al servizio per il Bene ed il Progresso dell’Umanità.

Ed è così che l’iniziato vive la morte: con coraggio.L’uomo fideista con speranza e rassegnazione e l’uomo comune con paura e terrore e, quando la Signora di nero aprirà la porta della materia lasciando entrare la Luce, questa trasmuterà la materia in spirito e i suoi divini insegnamenti  serviranno a spingere l’iniziato a livelli più elevati di coscienza e saprà che Vita e Morte fanno parte di un’unica realtà.

Imbalsamazione di Osiride da parte di Anubi

Per concludere vi trascrivo le Litanie che i sacerdoti dell’antico egitto recitavano durante il mese d’aprile, prima del Rito di Morte e Rinascita.

  1. Io vedo la Morte
  2. Io conosco la Morte
  3. Io sono la Morte
  4. Io sono Vivo
  5. Io sono morto, io sono vivo
  6. Io sono ciò che è scuro, dice il Divino.
  7. Io sono ciò che è materia, risponde lo Spirito.

(Litanie: presse dal libro di M. Collins “Quando il Sole si muove verso Nord” Ed. Aryasanga).

E ricordate che Sorella Morte non è distruttrice, ma, al contrario, trasmuta e trasforma, che attraverso di Lei si giunge alla vita e che per elevarsi al Cielo si dovrà discendere nelle profondità dell’Inferno.

 

 
di Alfredo Di Prinzio

 
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