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Il mal di luna - seconda parte
(15/12/2006)

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Il cibo degli Dèi

Durante l’ultima cena i cibi che rappresentano il corpo e il sangue di Cristo sono rispettivamente il pane e il vino, cioè un frutto di colore bianco sintesi del grano o della segale e uno di colore rosso derivante dalla spremitura delle uve.
Ancora oggi, durante le messe cattoliche, il pontefice assume questi due elementi rappresentanti il Piccolo e il Grande Mistero cristiani.
Il pane e il vino sono elementi fondamentali all’interno di moltissimi culti religiosi.
Il primo, come prodotto dell’agricoltura, rappresenta l’evoluzione dell’uomo dalla pastorizia (e quindi dal nomadismo) all’uso della coltura (l’uomo che diviene stanziale e dà inizio alla civiltà); mentre, come frutto della terra lavorata e perfezionata, esso simboleggia il ciclo di morte e rinascita che l’uomo intraprende per la sua evoluzione spirituale.
Il secondo invece rappresenta la fertilità della Madre Terra, l’addomesticamento dell’elemento igneo, l’ebbrezza, il media tramite il quale avviene il trasporto estatico dell’animo umano verso la dimora iper-terrena degli dei. 

Esotericamente lo stato primitivo e caotico in cui versa l’animo umano ben si confà all’idea di nomadismo o di randagismo canino, esso infatti non ha fissa dimora, vaga in balìa dalle correnti fenomeniche finché la divinità non lo mette in condizione di apprendere i segreti della stessa terra su cui erra. Lo scatto coscienziale dell’uomo dipende dalla scoperta del seme, del germe o scintilla divini che in lui dimorano, ma per innescare un tale processo egli deve prima immolarsi nelle fauci del lupo.
In alchimia questo canide corrisponde all’antimonio, agente corrosivo usato per separare l’oro dalle sue impurità. Egli è il Grande Trasformatore e immolare le proprie carni nelle sue fauci vuol dire purificarsi dai propri vizi mutandoli in virtù, l’oro dei sapienti ottenuto secondo la legge delle corrispondenze reciproche su cui si fonda l’arte della trasmutazione.
Il lupo vive, come il drago, in caverne o antri, egli è Cerbero, il fedele guardiano dell’Averno su cui regna Ade, signore dei morti, dei tesori e dei segreti di Madre Natura, assimilata e identificata nel periodo matriarcale con la Grande Madre, cioè l’universo.

Questa, grazie alla sua androginia (l’unio oppositorum), pose nel suo grembo il seme della vita simboleggiato dalla Luna, che quando è piena rimanda al bianco seme maschile posto nel buio ventre femminile e nello stesso tempo al ventre gravido.

                   

Per le culture matriarcali la Terra identificava il Figlio, la divinità di polarità maschile a cui venivano sacrificati tori e addirittura re.
In tale ottica egli è padre di se stesso, poiché la luna essendo suo satellite, simboleggia il prodotto della sua inseminazione nel ventre della Grande Madre Universo.
Dio della fecondazione e della fertilità i cui culti erano basati sull’ebbrezza mistica e le cui caratteristiche rispecchiano diverse e note divinità itifalliche, prima su tutte Dioniso Zagreo.
I culti religiosi matriarcali ruotavano intorno alla procreatività femminile e alla morte e rinascita cicliche di piante e uomini. L’evento fondamentale  di tali culti era il Matrimonio Sacro, il mater-monium, lo hieros gamos, l’auto-fecondazione, l’unione mistica di Dioniso con la Madre Divina, celebrati con la morte sacra che prelude alla vita illuminata.
Il padre di Dioniso era un altro Dioniso 4, come conviene in un matrimonio sacro, in quanto il figlio nato nel tempo in cui la terra si rinnova è identico al consorte divorato, che riunirà la sua madre-sposa alla solenne dimora infera da cui la vita deve ininterrottamente rinascere 5.
È questo il fulcro dei misteri orfici: Zagreo, nato dall’unione di Persefone e di Zeus in forma di serpente 6, subisce l’ira di Era, che, venuta a conoscenza dell’unione extraconiugale, scatena i Titani contro Zagreo e lo fa smembrare. Il cuore, unico organo sopravvissuto alla furia titanica, viene donato da Era a Zeus, che fagocitandolo, dona al Figlio l’immortalità e lo fa rinascere come Dioniso, mentre i Titani antropofagi vengono bruciati dalle sue folgori e dalle loro ceneri sorge il genere umano.
Per tale ragione gli uomini avrebbero un duplice aspetto: la parte malvagia ereditata dai Titani, e quella buona che proviene da Dioniso.
L'Orfismo deriva da questo mito il culto dell'anima che, prigioniera del corpo, dopo una lunga serie di purificazioni (metempsicosi), ritorna alla sua sede divina.
Il mito contiene gli elementi principali dell’antico sacrificio dionisiaco (che tra l’altro possiede evidenti similitudini con quello di Osiride), compresi quello dello sparagmos (smembramento rituale) e dell'omophagia (consumo della carne), e si basa sulla concezione arcaica della colpa ereditaria o karma.  
Nel periodo classico ad Atene il Matrimonio Sacro era praticato nel mese di Febbraio (da februa: purificazione), quando la moglie del sacro reggente si univa con Dioniso, il figlio taurino del dio Serpente.
Dioniso, parimenti a Ecate aveva tre aspetti che comprendevano quello celeste di Zeus e quello ctonio di Ade. I suoi simboli erano l’uva (Dioniso Bacco) e il phallos, cioè il fallo, che esprimeva il potere generativo del dio e che viene accostato al thyrsos 7 delle menadi (o baccanti) e al mykes 8, il loro consorte vegetale.
Nel transito dal matriarcato al patriarcato, cioè dai culti lunari a quelli solari, la conoscenza iniziatica di tali riti venne in parte cancellata e in parte mutuata. La Luna divenne in tutte le culture una divinità di secondo piano rispetto al Sole, ritenuto simbolo del Dio unico, motore immobile dell’universo.
Il sole, stella perno del nostro sistema, è invero una divinità femminile, poiché nella sua immobilità riflette l’essenza della gnosi e della contemplazione e verso di essa, come fuoco divino, un tempo migravano le anime dei defunti accompagnate dalle aquile (il Padre Celeste), per purificarsi e rinascere; esso fungeva quindi da ovulo cosmico della Grande Madre Celeste.

 

 

 

 

 

 

 

 

Per la sua essenza androgina, essa dovrebbe esser chiamata la Grande Madre-Padre, poiché l’universo (noi compresi) si manifesta equilibrato solo quando le due polarità che lo compongono sono in armonia.
Il lupo è frequentemente associato anche a questo astro, tanto che “nelle antiche tradizioni delle popolazioni dei paesi prospicienti il mar di Norvegia e il mar Baltico fu sempre considerato come animale appartenente alla sfera luminosa, una sorta di genio solare al quale era sacra la costellazione dell’Orsa Maggiore” 9(che si diceva si componesse di 7 lupi).
Come la Grande e Piccola Orsa sono disposte intorno alla stella polare (che esotericamente rappresenta il centro cosmico), analogamente il Lukaion (sacro bosco ateniese) circondava il tempio di Apollo.

 
La luce del sole è una luce che divora vivificando tutto ciò che le soggiace, in quest’accezione lyké diviene lykos e si palesa il vero compito del lupo, quello di vivificare mortificando.
Anche l’uomo e la donna esprimono tramite i loro corpi l’androginia della Grande Madre-Padre: secondo l’alchimia di stampo kremmerziano la biologia femminile segue i ritmi e i cicli lunari, ma il suo risultato è una sostanza rossa come le fiamme del sole o il vino; la biologia maschile, invece, segue cicli solari, ma il prodotto di questa è di colore bianco come la luna o il pane.
C. G. Jung ipotizzò l’esistenza di Animus nella donna e di Anima nell’uomo, proprio per distinguere la mascolinità della donna e la femminilità dell’uomo a livello animico e inconscio.
Il grande mistero, il vino, simbolo di Dioniso e sangue di Cristo, è frutto del martirio delle carni, paragonabile sia al mestruo che a una ferita; mentre il piccolo mistero, il pane, riconduce alla fertilità e al nutrimento del seme maschile e del latte materno. Ecco perché nei Piccoli Misteri si festeggia la morte o mortificazione e nei Grandi Misteri la redenzione o resurrezione.
Il pane e il vino, in vero, hanno la medesima natura: entrambi sono composti dagli elementi della terra che li nutre e li fa maturare ed entrambi nutrono un terzo elemento della natura: l’uomo che li sa lavorare.


Analogicamente il latte, il seme e il sangue hanno la medesima origine e vanno a nutrire l’uomo nelle fasi di formazione e crescita.
Le focacce che le donne ebraiche offrivano alla Regina del Cielo furono quindi un retaggio dei culti lunari matriarcali, che vedevano la regolatrice dei cicli di morte e rinascita identificata nel risultato delle sue influenze celesti, il pane suo figlio. È
È tradizione che Beith-el, la Casa di Dio, che è il betilo, la pietra eretta da Giacobbe, sia divenuta Beith-lehem, la Casa del Pane, Betlemme. La casa di pietra è trasformata in pane, cioè la presenza simbolica di Dio diviene, attraverso il Figlio, presenza sostanziale e nutrimento spirituale.
Dal punto di vista eucaristico il pane si ricollega tradizionalmente alla vita attiva, alla fede e al Piccolo Magistero e il vino alla vita contemplativa, alla gnosi e ai Grandi Misteri; per questo il miracolo della moltiplicazione dei pani è di ordine quantitativo, mentre quello dell’acqua in vino, di ordine qualitativo.

 

Gli Dèi come cibo

 

Buona parte dei templi, cattedrali e santuari presenti nel mondo furono costruiti seguendo le proporzioni auree, cioè quelle misure che possono essere ritrovate in qualsiasi manifestazione della natura, tra cui quella umana e quella vegetale.
Ciò lascia intendere che le cerimonie officiate al loro interno corrispondessero a specifiche pratiche che coinvolgevano anche il corpo stesso del sacerdote o dell’iniziato che ne partecipava.


Come il tempio ospitava la divinità, così anche il corpo doveva esser preparato per accoglierla, per tale motivo avveniva la mortificazione delle carni. In quanto spirituale, tale pratica non aveva nulla a che vedere con quel fenomeno di espiazione dei peccati tramite le pene corporali. Essa è piuttosto accomunabile all’alchemico martirio dei metalli, in cui lo smembramento simboleggia la separazione dell’elemento denso (la materia) da quello sottile (lo spirito), che non avviene tramite il dolore, ma attraverso un atto d’amore.
La carne e il sangue divenivano il pane e il vino, elementi che servivano a ri-velare la vera natura della cerimonia eucaristica capace di unificare la terra con il cielo e l’uomo con Dio.

Non era soltanto il vino a essere strumento di Dioniso, ma come ci insegna la mitologia greca, anche il pane.
Nella stessa misura in cui la pallida Luna richiama le oscure forze infere dell’uomo, così il biondo frutto della terra nasconde in sé un principio mortifero chiamato scientificamente Claviceps Purpurea.

Tra i suoi chicchi cresce infatti, in condizioni ambientali favorevoli, un fungo color cremisi: l’Ergot (termine francese per “sperone”); identificato in Italia come “segale cornuta” (Secale Cornutum), in Francia come “segale ebbra” (Seigle Ivre) e in Germania come “grano matto” (Tollkorn).
Questo parassita delle messi presenta tra le varie componenti due principi attivi, uno allucinogeno, l’altro altamente tossico.


Nel medioevo venne chiamato “Dente di Lupo” e i suoi “morsi” procurarono intense e spesso terribili visioni ai malcapitati che, ignari del loro potenziale, se ne cibavano rischiando di morire.
Tale nome gli venne dalla sintomatologia che spesso veniva identificata con la licantropia o la rabbia.
Fu così che nella Francia del 1200 si assistette alle più consistenti epidemie diergotismo, ribattezzato dal clero cattolico “Fuoco di sant’Antonio” o “Fuoco Sacro” 10.

Gli ergotati avevano crisi epilettiche, allucinazioni e cancrena degli arti, manifestazioni talmente violente da attribuirne la causa al diavolo in persona.
Prima che le tenebre del cattolicesimo medioevale avvolgessero la storia dell’uomo, in Grecia, più precisamente a Eleusi, l’Ergot veniva impiegato all’interno dei riti sacerdotali dei Grandi Misteri. Tale è la teoria dell’illustre dott. Albert Hoffman, che negli anni quaranta sintetizzò dal fungo in questione l’LSD (dietillamide dell’acido lisergico).
Durante la celebrazione dei Grandi Misteri gli iniziati dovevano ingerire una bevanda composta di orzo e menta detta Kykeon. Il mito narra che la ricetta di tale bevanda fu commissionata dalla stessa Demetra a Trittolemo (Demofonte), figlio di Celeo, primo re di Eleusi.
Il tutto è inserito nel mito del Ratto di Proserpina.
Il dio degli inferi, Ade (o Plutone), viene iconograficamente rappresentato vestito di una pelle di lupo (come nelle pitture tombali etrusche) o con al suo fianco il fedele Cerbero, l’infernale cane tricipite; nell’antichità il color porpora era associato alle temibili forze degli inferi, tanto che nell’Inno Omerico a Demetra, Ade è descritto con la chioma color porpora e, ben tre volte, il peplo di Demetra è “tinto di cupa porpora”.


Nell’era moderna Ade, come re degli inferi e dei tesori che la terra conserva, rappresenta la profondità della psiche e i suoi misteri. Ciò vuol dire che i riti d’iniziazione eleusini parafrasavano, tramite l’assunzione della carne di Ade (lo sperone purpureo), il mito del rapimento di Proserpina.
“Lo lupo si è uno animale […] nominato rappace, cioè rapitore” proprio come Plutone, ma, come per la mortificazione, il rapimento divino non è violenza fisica, bensì estasi.
Un particolare importante del mito fa emergere questa differenza: poco prima d’esser rapita, Persefone si trovava presso Nisa ed era intenta a cogliere narkyssos (narcisi)dai mille fiori. La radice narké (sopore, stupore) e la posizione geografica (Nisa, da cui Dioniso) evidenziano la natura stessa del “rapimento”.
Durante il rito, l’effetto del ciceone poneva l’iniziando su un piano filosoficamente simile alla morte: egli subiva uno sdoppiamento e il suo corpo “sottile” si staccava da quello fisico entrando in contatto con il daimòn, il “messaggero” celeste.
Questo tipo di descrizione richiama quella della morte e rinascita simboliche del faraone, la cui anima, nel transito dal vecchio reggente al nuovo, era affidata ad Anubi, il dio sciacallo.
Il Lupo, sia come agente psicotropo, sia come archetipo della guida ctonia, fungeva da elemento trasformatore, da “mediatore plastico” attraverso il quale tutto moriva rinnovandosi.

L’uso di sostanze psicotrope all’interno di rituali d’iniziazione è largamente documentato in tutte le culture; esso è un fenomeno mondiale ancor oggi praticato e le “piante sacre” che lo caratterizzano vengono riconosciute come “enteogeni”, cioè rivelatori della divinità interiore.
Se il pane era quindi simbolo della luna; il suo lato oscuro, mortifero e trasformatore, erano le fauci del lupo, l’abitus infernale di Hecate, il fuoco sacro e divoratore i cui “denti” tutto trasformano.
Il Dente di Lupo era il fallo di Dioniso, il “pontefice” tra la divinità della natura naturante e il myste, colui che, cibandosene, entrava in possesso delle chiavi per accedere alla conoscenza del suo IO più profondo e insieme più elevato.
Ma v’è di più: Plutone governa il segno dello Scorpione e simboleggia il senso del mistero e la propensione alla sessualità intesa come conoscenza, quindi il motto delfico “conosci te stesso e conoscerai l’universo intero” lascia intendere che la prima energia di cui l’iniziato deve apprendere la natura divina è quella del proprio Eros.
Pane fu il nome per esteso del dio Pan (il tutto) intimamente legato a Dioniso. Tra i molteplici aspetti che lo caratterizzano, Pane si distingue per l’onanismo, la “conoscenza di se stessi”. La stessa che l’adamico emisfero sinistro del cervello attua quando, tra le braccia di Morfeo, lascia esprimere l’emisfero destro: eva, l’immaginazione e la visione.


4 Dioniso, da Dios di Nisa, cioè Zeus di Nisa: denominazione del lugo in cui avvenne il ratto di Proserpina (Persefone) e di tutti quei luoghi ove si officiavano gli stessi incontri nuziali, che comportavano la passione della nascita e morte di Dioniso.

5 Carl A.P.Ruck, “Alla scoperta dei misteri di Eleusi”.

6 L’unione di Zeus serpente con Persefone crea un’importante nesso con la figura esoterica della Lilith.

7 Il thyrsos era uno stelo di finocchio riempito di foglie d’edera spesso usato come contenitore dagli erboristi.

8 Mykes (fungo) e mykema (muggito) hanno la stessa radice; Dioniso, nonostante l’aspetto delicato ed effeminato, aveva il potere di trasformarsi in una creatura matura e fortemente virulenta, il toro, che annuncia la sua nascita con un muggito. Al pari di Zeus era detto il Tonante, poiché, secondo il mito, il muggito che straziava la terra aveva lo stesso potere fecondatore del fulmine del Padre Celste.

9 Le quattro età dell’umanità di Gaston Georgel.

10 Poi divenuto il modo per indicare la pericolosa “varicella” che si prende da adulti-anziani. Vedi : Herpes Zoster.

 

ARIS



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