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Alice e il Mondo dei Sogni
(20/05/2009)

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Un progetto di rapimento

A New Castle, in Cornovaglia, nel 1870 viveva Alice, una bella bimba di 9/10 anni, con la mamma, la sorellina Giusy e la gattina Dasy con la quale amava giocare; il papà era sempre lontano per affari.

Lei, Alice, aveva 2 facoltà: quando voleva poteva rimpicciolirsi o ingrandirsi e sapeva parlare con gli animali, le piante e le cose.

Poco lontano da lei, nel suo castello di Balmore abitava un agiato gentiluomo, Lord Reginald Gladstone, dalla vita avventurosa: dalle esplorazioni in Africa, alla campagne militari in India, alla Crimea, suo ultimo viaggio nel ’56; ora viveva immerso tra i suoi esperimenti, le conversazioni con alcuni amici, le passeggiate e la lettura.

Nel suo maniero teneva una grande biblioteca. Tra i vari volumi era rimasto incantato da quello di Lewis Carroll “Alice nel paese delle meraviglie”.

Il nostro Lord si innamorò talmente di questa bambina e delle sue straordinarie avventure da fabbricarsi una bambola automa capace di parlare, camminare e perfino ragionare; nonostante ciò rimaneva insoddisfatto: voleva vedere la vera Alice, in carne ed ossa. Ma esisteva una tale creatura?

Lord Gladstone mandò Ted, il suo cocchiere, e Betsy, la cameriera, a fare delle ricerche nei dintorni della sua tenuta e fu proprio la donna ad individuare la casa dove abitava Alice.

Il Lord, che era un Gran Maestro della loggia “La Speranza”, convocò subito i suoi amici di loggia al castello di Devon e, dopo una seduta, decisero di far rapire Alice.

Rapimento di Alice

Ted e Betsy, con la carrozza del Lord, arrivarono a New Castle di pomeriggio.

La bambina era sola in giardino e stava giocando con Dasy, poiché la mamma e la sorella erano andate a trovare una zia.

Betsy si avvicinò al cancelletto della villetta.

- Ciao. Come stai?

Alice, che era di spalle inginocchiata davanti alla gattina, si voltò incuriosita.

- Tu chi sei? Ti conosco? - chiese alla donna.

- Io sono Betsy. Tu sei Alice Stafford. Ti ho vista, sai, e conosco molto bene la tua maestra.

Per farla breve, dopo essersi guadagnata la fiducia della bimba, Betsy le fece bere un liquore misto a del sonnifero. Alice si addormentò sul grembo della cameriera che, aiutata da Ted, la portò in carrozza fino al castello di Gladstone.

Grande fu la felicità del Lord alla notizia che Alice era giunta al castello e si trovava rinchiusa nella stanza circolare della piccola torre del maniero.

Nella notte la bambina si svegliò e vide un bruco luminoso seduto sul suo grembiule che la guardava.

L’animale le consigliò di comportarsi bene e di stare tranquilla, poiché conosceva molto bene il padrone del castello e non c’era da averne paura.

Il giorno dopo, Alice venne condotta davanti al Lord il quale rimase incantato da lei e dalle sue qualità straordinarie (rimpicciolirsi e parlare con animali e cose).

Il nobiluomo le propose un patto: se fosse riuscita a superare determinate prove, sarebbe potuta tornare a casa.

Inizio del viaggio fantastico

Qualche giorno dopo Alice, accompagnata dal Lord, giunse al castello di Devon.

Il Lord si premurò di presentarla ai suoi amici di Loggia con i quali aveva architettato il rapimento.

Davanti a loro, la bimba si rimpicciolì della metà della sua statura con gran meraviglia degli astanti.

Portata dentro uno scatolone dal maggiordomo del padrone del castello, il conte Devon, tutti la seguirono nella serra del giardino dove vi era una gabbia con tante scimmiette, poichè doveva dimostrare di saper parlare con gli animali.

L’incontro, però, risultò pericolosissimo: le scimmiette, indispettite con uno degli amici del conte che, scienziato in zoologia, per un esperimento le aveva lasciate digiune per 3 giorni, non trovarono niente i meglio da fare che prendersela con Alice.

Una scimmia le afferrò il grembiule, un’altra un braccio, fino a quando non intervenne il Lord, liberando la bimba e cacciando le bestie.

Rimessasi dallo spavento, Alice venne invitata ad iniziare le sue prove entrando in una sfera di cristallo, nella quale avrebbe compiuto un fantastico viaggio per scoprire mondi meravigliosi e terribili allo stesso tempo.

Prima di accompagnarla nelle sue prove di realizzazione interiore, però, vediamo chi è Alice: una creatura coraggiosa, viva, che vuol conoscere, più che tra i banchi di scuola, attraverso viaggi, esperienze, anche se resta nonostante ciò una bambina del tutto normale per la sua affezione alle bambole e al suo mondo piccolo borghese vittoriano.

Ma riprendiamo la nostra favola. Osservata dal Lord e dai suoi amici, Alice si trovava in un corridoio quasi completamente buio, a malapena rischiarato da lumini poggiati a terra ai piedi delle pareti umide e scrostate, con macchie di muffa verde e muschio; in fondo vi era come un punto di luce.

Ad un tratto, le si parò davanti qualcuno che le parve familiare:

- E tu chi sei? – chiese Alice

- Non mi riconosci?

- Il Coniglio Bianco! – esclamò la bambina meravigliata

- Sì sono proprio io! Ho fretta, ma ti dò un consiglio: torna indietro.

- Non si può.

- E perché?

- Non voglio restare una bambina.

- E che male c’è? Oh, come si è fatto tardi! Addio!

Rimasta sola, Alice corse e arrivò ad una scala in pietra di 28 gradini che scendeva.

Arrivò così in una stanza male illuminata al cui centro c’era una cassa di legno: era una bara dal coperto semi aperto. Sopra il coperchio, Alice lesse: “Sostare dentro la bara, senza scarpe né calze”.

- Questa poi! Prenderò freddo, ma facciamo come dice il messaggio e vediamo che succede - commentò la bambina tra sé e sé; per cui, sedutasi sull’orlo della cassa si tolse le scarpe di vernice nera e le lunghe calze bianche.

Rimasta a piedi nudi mise un piede dentro la cassa pensando:

- Chissà che senso avrà tutto questo, preferivo il mio lettino dalle coperte rosa.

Sdraiatasi, il coperchio le si richiuse sopra.

- Che assurdità fare la morta, quando si è vivi - commentò Alice, chiudendo gli occhi e incrociando le braccia sul petto.

Dopo un certo tempo, il coperchio si aprì e Alice uscì, cercando le calze e le scarpe, senza riuscire a trovarle.

- Pazienza - si disse, riprendendo il cammino.

Ad un tratto si trovò davanti ad una porta dipinta di rosso e custodita da un nano che la guardò in cagnesco:

- Dove vai? Qui non si passa – le disse arcigno.

- Ma io devo passare.

- E allora paga il pedaggio: dammi il tuo grembiule, mi piace.

Alice se lo sciolse e glielo diede. Superata la porta entrò in un corridoio luminoso, anche se tirava un forte vento. Le pareti, il soffitto e il pavimento erano scarabocchiati come se un’intera scolaresca avesse voluto lasciare segno del suo passaggio con scritte assurde del tipo: ‘Oggi cucino io: primo piatto - i guanti della mamma in salsa piccante’, ‘Abbasso la scuola’, ‘Non vogliamo più maestri’ e così via.

Alla fine del corridoio Alice trovò una seconda porta d’argento, e lì in alto stava appollaiato un corvo.

- Se vuoi passare devi lasciarti togliere il fiocco che porti sulla testa

- E perché? A che ti può servire il mio fiocco?

- E’ a forma di otto, simbolo della perfezione

- Conosci la matematica? – chiese con stupore Alice

- Certo, sono un astronomo: ho fatto il mio nido sulla specola di Greenwich

Il corvo le volò sulla testa, le tolse il fiocco senza scioglierlo e ritornò al suo posto tenendolo nel becco. La porta d’argento si aprì e Alice si trovò in un laboratorio enorme, pieno di telescopi, tavoli carichi di occhiali, lenti di ingrandimento e microscopi, tutto in perfetto disordine.

La bimba si guardò intorno e, in fondo, notò due nani con delle gambette grigie in camice bianco discutere animatamente davanti ad una lavagna stracolma di cifre e lettere, addizioni, radici. Si avvicinò incuriosita.

- Una bambina! – gridò uno dei nani, contrariato nel vederla – Chi ti ha dato il permesso?

- Il corvo – rispose la bambina.

- Vattene! – le intimò il nano

- Ma io ho pagato: il corvo si è preso il mio fiocco!

- Vai dove ti pare ma sparisci da qui! Allora, egregio dottore – disse il nano riprendendo a parlare con l’altro – qual è la risultanza?

Che maleducati’ pensò Alice ‘di solito i grandi ci tengono a spiegare, almeno per far vedere che sono grandi’.

La bimba uscì dalla stanza e si trovò davanti ad una terza porta, nera, alla cui guardia c’era una scopa di saggina che la guardò con occhi cattivi.

- Vuoi passare? – le chiese

- – rispose la bambina

- Dammi il vestito, allora.

Alice protestò, litigò, pianse, ma alla fine se lo tolse, la scopa glielo afferrò dalle mani e lo buttò a terra usandolo come straccio.

- Hai ancora la sottana e la sottogonna. Fila, se no non passi più. Sparisci e non farti più vedere.

Alice entrò in un salone immenso con specchi ovunque, piccoli, grandi, ovali, quadrati, sul pavimento, sul soffitto, che riflettevano la sua immagine e non solo: si rivide mentre giocava con Dasy, nel momento del rapimento tra le braccia di Betsy, in compagnia del Lord, ecc..

- Non è possibile! Questa sono io prima di entrare nella sfera di cristallo! – pensò Alice.

Ad un tratto i vetri e gli specchi presero a frantumarsi cadendo dal soffitto, staccandosi dalle pareti e sbriciolandosi sotto i suoi piedi. Correndo per evitare di tagliarsi i piedi nudi con i frammenti, la bambina arrivò ansimante ad una porticina sulla quale c’era scritto: “Se vuoi puoi anche non aprirmi”.

Il mondo dei sogni perduti

Alice, spinta la porta, vide davanti a sé un baratro scarsamente illuminato.

Percorsa una scala di legno arrivò su un ponte scricchiolante che portava ad una galleria.

Sorpassato il ponte, che crollò alle sue spalle, la bambina si riposò.

Ridestatasi si meravigliò ritrovandosi rivestita dei suoi abiti: fiocco, calze, scarpe, tutto pulito e ordinato.

Si alzò e si guardò intorno, rendendosi conto di essere in un salotto stile inglese in compagnia di un sigaro, grande come un uomo, con occhialino e baffoni e vestito con calzoni e panciotto, che seduto su un sofà si fumava un sigaro cubano mentre sigarette bianche vestite da cameriere lo servivano portando dello cherry e vassoi di paste.

- Ben arrivata, Alice – la salutò

- Buonasera, signor Sigaro. Dove mi trovo?

- Non lo sai?! Questo è il posto più conosciuto del mondo!

- Ah sì?

- E’ dove tutti i sogni vanno in fumo – spiegò il Sigaro.

- E’ il ponte appena crollato? – chiese Alice

- E’ un sogno crollato.

Alice chiese aiuto per continuare il suo viaggio. Adele, una delle cameriere sigaretta, commossa, si ingrandì, così che la bambina le montò sul dorso e volarono dentro la voragine, uscendo in una grotta che dava sul mare.

Ora Alice vedeva di fronte a sé una scogliera. Salutata Adele, corse verso gli scogli: la cameriera le aveva consigliato di passare di là per arrivare presto alla palude.

Ma una volta arrivata sulla strada della palude, Alice si lasciò incantare da un cartello indicatore: “Ti aspetta un pranzo per di qua”.

La casetta del pescatore pazzo

La strada indicatale dal cartello la portò dritta dritta ad una casetta dal tetto rosso nascosta nella boscaglia.

Alice entrò e nella prima stanza, sopra un tavolo, troneggiava un budino mentre in fondo alla stanza nel caminetto bolliva un calderone.

Alice si sedette e preso un cucchiaio, stava per servirsi quando una mano le afferrò il fiocco e i capelli tirandole indietro la testa:

- Ladra! – gracchiò la voce stridula di una vecchia - Ermanno, vieni, aiutami!

- Aiuto! Volete lasciarmi, signora? – implorò la bambina

- Che c’è mamy? E’ arrivato il pranzo per oggi?

- Macchè, solo questa bambina – rispose la donna

- Ah, ma per me va bene lo stesso

- Ma non per me! – esclamò spaventata Alice – Adele, aiuto, dove sei?

- Eccomi! - Come una meteora la sigaretta gigante entrò nella casetta, la bambina le saltò in groppa e volarono via, verso il paese delle api.

Il paese delle api

Perché questa deviazione di percorso? Adele voleva darle un aiuto in più prima che Alice affrontasse da sola la palude, così la lasciò ai limiti del regno delle api.

La Regina delle api la accolse molto bene e le assicurò il suo aiuto, poi la ristorò con del miele.

Naturalmente, per parlare con la Regina, la bambina dovette rimpicciolirsi alla sua misura.

La palude

Lasciata la Regina delle api, Alice coraggiosamente entrò nella palude ma, vista la barca del pescatore pazzo, si immerse sott’acqua.

Ermanno il pescatore gettò la rete in acqua, come ogni giorno, e quale non fu la sua sorpresa tirando la rete e trovandoci dentro Alice?

Subito la tirò fuori deciso a mangiarsela cruda così com’era.

Alice gridò e immediatamente arrivò in suo aiuto l’ape Regina con tutto lo sciame.

Il povero Ermanno, attaccato da tante api, cadde dalla barca, batté la testa contro uno scoglio e morì.

Alice, rimasta la padrona della barca, liberò tutti i pesci rimasti impigliati nella rete e li gettò in acqua; poi riprese la navigazione.

Ben presto fu sulla riva. Scesa, si dimenticò di legare la barca che si staccò dalla spiaggia allontanandosi.

Un coccodrillo affamato trovò che Alice sarebbe potuta essere un buon boccone e cominciò a strisciare verso di lei.

La bambina, accortasi dell’animale, si rigettò sott’acqua per sfuggirgli ma quello le corse dietro tanto veloce che la bambina ebbe appena il tempo di rifugiarsi in una fenditura di una grotta sott’acqua, tanto stretta che l’alligatore non potè entrarvi.

Il mondo delle sirene

Oltrepassata la fenditura della grotta sottomarina Alice incontrò il polipo custode dell’antro e tante sirene che proprio quel giorno avevano una grande festa.

Alice familiarizzò subito, soprattutto con una, Irma, e passò la serata con loro e ballando con una gambero rosso che ritto i piedi l’avvolse in un valzer molto romantico.

La mattina dopo Alice, aiutata da Irma, per altra strada arrivò su un isolotto e verso sera ecco un gabbiano mandato da Adele con l’incarico di portarla al labirinto.

Là, infatti, si presentava l’ultima prova.

- Alice, mi manda Adele. Sei pronta?

- Anche subito!

Rimpicciolitasi, Alice montò sul dorso del gabbiano e arrivarono sulla terra ferma, si salutarono e poi la bambina si incamminò tutta sola attraverso un sentiero ombreggiato di abeti.

Dopo un buon tratto di strada Alice si trovò a un tratto di fronte ad una muraglia enorme, quand’ecco pararsi davanti un lupo grigio.

- Dove vai, Alice?

- Come fai a sapere il mio nome?

- Ti stavo aspettando, sono il genio del labirinto, nessuno può entrare senza di me e nessuno può uscirne.

- Dove conduce il labirinto?

- Verso la totalità, per te è l’ultima prova prima di tornare a casa.

Il labirinto

Si avviarono, attraversarono la soglia del labirinto e scesero delle scale strette e ripide, 72 gradini, giungendo ad un corridoio.

Qui Alice udì delle voci che la incitavano a tornare indietro e lei, per tutta risposta, si mise a cantare.

La bimba continuava a cantare ma era stanca, le sembrava di perder tempo in un viaggio così assurdo.

Il lupo la incoraggiò:

- Per capire che si diventa grandi, bisogna osare con la ricerca anche in cose apparentemente inutili, come ti pare questo labirinto.

Iniziarono così l’attraversamento di 3 sale.

Nella prima stava una salamandra sulla brace. Alice domandò al lupo:

- Spiegami una cosa, che ci fa quella bestia sul fuoco?

- Quella è la natura umana che deve purificarsi di tutte le scorie quali furbizie, falsità, bugie, maldicenze, ipocrisie e cattiverie.

Mentre parlavano, furono attaccati da pipistrelli.

Per sfuggir loro, di corsa arrivarono nella seconda sala, al centro della quale stava una grande spada infissa su una roccia e a terra una chiave di cristallo a 3 colori: giallo, bianco e rosso.

L’arma aveva un nome inciso sulla lama ‘Durlindana’ e sull’impugnatura ‘I.N.R.I.’.

Anche i pipistrelli entrarono nella seconda stanza e aggredirono minacciosi Alice.

La spada ad un tratto si illuminò di una luce accecante dai 7 colori dell’arcobaleno e a tale vista le bestiacce fuggirono via.

La bambina prese la chiave di cristallo e insieme al lupo riprese il cammino, fino a quando arrivarono ad una porta custodita da due statue: due negri danubiati armati di lance.

Le statue, tutt’a un tratto, si animarono e una di esse afferrò Alice che, presa dallo spavento, lasciò cadere la chiave di cristallo che andò in frantumi.

Il lupo diventò gigantesco rizzandosi sulle zampe posteriori e le due statue, spaventate, si arresero lasciando la bambina e inginocchiandosi per terra.

Passata la porta, Alice e il lupo entrarono nella terza sala.

 

La sala del trono

Entrati nella terza sala, Alice e il lupo erano al centro del labirinto.

L’ambiente circolare pieno di stemmi e armature alle pareti aveva al centro un trono con 3 gradini tutto in pietra, ai suoi piedi giacevano uno scettro e una corona scintillante di perle e pietre preziose mentre un manto blu cosparso di stelle d’oro era steso sullo scranno regale come se un sovrano si fosse appena alzato lasciandolo cadere dalle spalle.

Alice rimase meravigliata, e venne colta improvvisamente da frenesia mentre una voce, proveniente dal trono, le sussurrava dolcemente:

- Alice, siedi, sii regina, la prova è finita.

- Non andare, non sederti! – le urlò minaccioso il lupo, spaventato.

La voce continuò:

- Vuoi tornare a casa? Allora tornaci da regina e subito senza altri corridoi e prove da superare, credimi, sarai ricca e felice!

- Non ti avvicinare, ti prego, fermati! – gemette il lupo.

- Io ci voglio andare – esclama Alice – via questo grembiule, che mi sa tanto di servetta.

Toltosi il grembiule Alice stava per lanciarsi a sedere sul trono ma il lupo fu più svelto di lei.

Balzò sul trono sopra il manto e subito si trasformò in pietra.

- Che ho fatto! – gridò terrorizzata Alice avvicinandosi al lupo. La bimba, disperata, pianse rimproverandosi per la sua stoltezza e ingratitudine verso il lupo. Poi, stanca ed esausta, si addormentò.

Il lupo le apparve in sogno, la incoraggiò e le consigliò di seguire le sue orme per uscire dal labirinto. Alice, destatasi, si rimise il grembiule e, seguendo le orme luminose del lupo che le apparivano sul pavimento, uscì dal labirinto.

Il ritorno

Uscita, Alice si incamminò per un sentierino che portava ad un boschetto di acacie e là si sedette a pensare su un masso.

- Come farò? Chi mi porterà a casa?

- Io, Alice, ma non mi calpestare.

Guardò verso terra e tra la ghiaia, proprio ai suoi piedi, vi era una foglia di acacia.

- Tu? – chiese meravigliata

- Sono una foglia anziana, dammi del voi

- Scusate, ma sapete almeno dove abito?

- E chi non lo sa? A New Castle in Cornovaglia, Inghilterra

- Eh?

- Certo, prima di tutto sono una foglia di acacia e poi questo boschetto è incantato! Ma ora sbrighiamoci e approfittiamo del vento che si sta levando.

Alice si rimpicciolì subito tanto da stare comodamente sulla foglia.

Il vento intanto si era alzato sicché volarono tutta la notte e al mattino agli occhi della bambina si profilò la bianca scogliera di Dover.

- Finalmente a casa! – esclamò felice la bimba. Dall’alto vide anche il castello di Devon.

- Devo rientrare nella sfera.

Il Lord, insieme ai suoi amici, vide arrivare Alice che rientrò nella sfera, e ne uscì riprendendo la sua statura normale.

- Bentornata, Alice, ormai sei una di noi.

- Grazie my Lord, è stato un viaggio faticoso.

- Ti ricordi di qualcosa?

- Tutto.

- Scriveremo insieme le tue avventure ma ora ti porterò subito a casa.

- Perché non resti qualche giorno con noi? – chiese uno degli amici del Lord

- Sì, ci faresti piacere – insistette anche lui

- Va bene – acconsentì Alice

Alice rimase due giorni al castello di Devon ospite del conte.

In quei giorni ricevette il grado di compagna della loggia del Lord Gladstone, che da quel momento la considerò come sua figlia e le regalò una bambola automa.

Poi al terzo giorno, subito dopo il pranzo di congedo offerto in suo onore, tornò a casa dove venne accolta a braccia aperte dalla mamma e dalla sorella, mentre la gattina Dasy le si strofinava con la coda ritta tra le gambe facendo le fusa.

Seguirono le presentazioni con il Lord che accompagnava la bimba, tutto in perfetto stile inglese.

Poi la sorella Giusy chiuse la porta di casa Stafford e anch’io che racconto sono rimasto fuori, tanto è grande il senso di privacy inglese.

Ho saputo comunque che dieci anni dopo Alice Stafford fondò una loggia inglese femminile “L’Iris” e le avventure continuano perché la vita è un continuo cimento.

 

Fine

 

Kriptos

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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