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Appuntamento a Evora
(15/09/2005)

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Col passare degli anni mi accade sempre più spesso di ripensare a come sarebbe stata diversa la mia vita con Gracia, la bella maga che conobbi durante un mio viaggio in Portogallo e che ho amato molto, anche se per un tempo troppo breve. Ripenso a quanto avrei potuto essere felice con lei, se solo il destino non avesse deciso altrimenti.

Per non sentirmi in colpa, quando mi prende la malinconia, con un pretesto esco di casa per evitare lo sguardo di mia moglie, che non comprende la ragione della mia tristezza, ed a piedi mi incammino per il parco, da solo con i miei pensieri e con lei, Gracia, dentro il mio cuore. Mi siedo sulla stessa panchina, dietro la grande quercia, e ritorno indietro nel tempo, a quel mio viaggio fatale, sì, fatale, perché è grazie a lei se sono ancora qui su questa terra a calpestare l'erba, ed è per lei se è non mi sento di appartenere a questa terra, e sono entrato a far parte di quel mondo misterioso al quale lei è ritornata.

Il motivo che mi aveva spinto a partire era stato doloroso quanto banale.

La mia ragazza mi comunicò un giorno, per telefono, che tra di noi era finita.


Così, dall'oggi al domani, mi ritrovai da solo, con tanti rimpianti e qualche rimorso e pensai bene, per alleviare il dolore, di mettere tra me e lei la distanza più lunga possibile. Pensai che non c'era posto migliore per me di Lisbona, una città nostalgica e malinconica, il “buen retiro” ideale per il mio stato d'animo.

Era il mese di dicembre, si avvicinava la fine dell'anno e faceva molto freddo.

Eppure, non appena arrivai a Lisbona sentii distintamente che qualcosa era cambiato nel mio cuore. Passeggiando per le strade dei quartieri più vecchi sentivo il calore delle persone intorno a me e dopo qualche giorno avevo smesso di compatirmi e di compiacermi della mia malinconia. Sentivo che quella separazione non era solo la fine di un periodo della mia vita, che il destino mi preparava per un nuovo inizio. Così, dopo avere festeggiato da solo il capodanno in una piazza gremita di persone, tra fuochi d'artificio e qualche bottiglia di vinho tinto di troppo, decisi di prendere una macchina a nolo ed andare ad Evora, una piccola città dell'Alto Alentejo, famosa per il suo centro storico circondato da antiche mura.

Mi attraeva di questa città la sua origine celtica, ed il fatto che avesse subìto varie dominazioni, dai romani ai musulmani per finire ai cristiani. Tra il Medioevo ed il Rinascimento era stata la meta prediletta dei più grandi studiosi ed artisti del paese. Da buon amante dei vecchi libri e della storia antica, pensavo di passarvi qualche giorno piacevole, magari annegando la solitudine nelle taverne locali con dell'ottimo vino portoghese.

Dopo un paio di giorni trascorsi ad ammirare la Cattedrale ed alcune belle chiese, decisi di chiudere il mio percorso turistico visitando la Cappella delle Ossa, all'interno della Chiesa di S.Francesco. Lì dentro i simpatici frati francescani avevano pensato bene di rivestire interamente le pareti e le colonne della cappella con migliaia di ossi. Lo spettacolo era impressionante, accentuato tra l'altro dai due cadaveri essiccati appesi alle mura. All'ingresso una scritta in latino recitava così : “ Noi ossa siamo qui, ad aspettare le vostre “.

Ne ebbi abbastanza di quella macabra atmosfera, ed uscii fuori all'aperto, al tiepido sole. Attraversai la Praca de Majo e mi diressi verso il centro, quando la mia attenzione fu attirata da una piccola bottega posta in una stradina secondaria. Il cartello posto sopra l'ingresso indicava la Livraria de Moura.


Finalmente, pensai, forse quello era il posto giusto per trovare qualche vecchio libro. Bussai, nessuno rispose. Aprii la porta in legno ed entrai. Era una libreria antiquaria. C'erano alte scaffalature in legno, tutte ripiene di vecchi libri rilegati in pelle ed in pergamena, un forte odore di incenso proveniente da alcuni portacandele sparsi qui e là, e poi, seduta dietro una vecchia scrivania liberty, intenta a leggere un libro, con un gatto rosso pigramente accomodato sul suo grembo, c'era lei, Gracia.

Accennai un saluto, nel mio stentato portoghese. Lei fece un cenno col capo, sorridendo, e continuò la sua lettura. Aveva i capelli neri e riccioluti, e due occhi magnifici ma non mi accorsi subito di quanto fosse bella.

Dopo qualche minuto, trascorso guardando con ammirazione i tanti libri, sentii sulla mia spalla una mano e mi voltai di scatto. Era lei, si era avvicinata silenziosa come un gatto ed io non l'avevo nemmeno sentita.

“ Ti ho spaventato ? Io mi chiamo Gracia, sono la proprietaria “ – mi disse fissandomi dritto negli occhi. “ No, no….è che non mi ero accorto… Io mi chiamo Massimo, vengo dall'Italia, da Roma…. “ risposi io quasi balbettando.

“ Roma ? – il suo sguardo si illuminò - “ Io ho vissuto a Roma, tanto, tanto tempo fa……….è una città che non si dimentica….”

Mi sembrava una maga, con il suo vestito colorato, i grandi orecchini e le belle mani ricoperte di strani anelli. Mi fece accomodare su un divanetto accanto alla scrivania e mi offrì una tazza di mate. I suoi genitori, mi disse, erano italiani, emigrati in Argentina. Lei era venuto da ragazza a studiare a Roma e si era trasferita poi ad Evora. Parlava del suo passato come qualcosa di molto remoto, ma non dimostrava più di venticinque anni.

Per qualche misteriosa ragione, conosciuta solo dagli dei, sembrava attratta da me.

Restammo a parlare per ore, della nostra comune passione per i vecchi libri, i gatti e il mistero. Ad un certo punto mi chiese se credevo nella reincarnazione. Certo che ci credevo, risposi, avevo letto tanti libri sull'argomento ed ero arrivato alla conclusione che quella era l'unica plausibile spiegazione per quel grande mistero che è la vita. “ Credo che ci sia qualcosa di molto più profondo negli incontri che facciamo, negli amori che incontriamo, del puro e semplice caso. E' come se ci fosse un filo invisibile che ci lega a certe persone, che nessun altro può vedere e comprendere. Alla fine, quello che cerco in una donna è riscoprire in lei un'appartenenza comune, che forse viene dal passato…chissà “. Gracia sorrise. “ La prima cosa che guardo in un uomo sono gli occhi. Cerco di scoprire se l'ho già conosciuto, sai, gli occhi non mentono mai…”.

“ Ed io ? Mi hai già conosciuto ? “ feci, ridendo.

Lei non mi rispose, si alzò e mi prese per mano.” Vuoi sapere troppo, e troppo presto…senti, è già buio, andiamo fuori a fare una passeggiata. Evora è magica, la sera, non trovi ? “ - “ Sì, hai ragione, è davvero magica “. Prima di uscire dalla libreria e richiudere la porta dietro di sé, Gracia diede una ciotola di cibo al gatto rosso. “ Si chiama Pedro, ed è l'unico maschio che conosca tutti i miei segreti “.

Mi prese sottobraccio, e ci incamminammo, sotto le stelle, attraverso i vicoli e le piazze della città, Non dimenticherò mai, certo, quella passeggiata. Mi sembrava di camminare accanto ad una dea. Incrociando i passanti, sentivo gli sguardi degli uomini su di lei, ed io ne ero inorgoglito. Lei mi descriveva tutto intorno a me ed io mi sentivo felice, come un bambino. Arrivammo alla Praca Giraldo, davanti al grande orologio della chiesa, quando lei mi prese la mano e mi disse: “ Era da tanto tempo che non stavo così bene….sento che di te mi posso fidare.

Voglio confidarti un mio segreto, per quanto questo ti potrà sembrare assurdo ed inverosimile. Ma ti giuro che è la verità “ . I suoi begli occhi si erano velati di tristezza.

” Tanti anni fa, quando arrivai a Roma per i miei studi, mi accadde qualcosa di incredibile, che segnò la mia vita per sempre. Una sera, dopo avere cenato con delle amiche, stavo ritornando verso casa da sola e mi ritrovavo a passare da Piazza Campo De Fiori, per la prima volta dal mio arrivo a Roma.


Non appena vidi la statua posta al centro, ebbi un tuffo al cuore e passai dall'allegria alla tristezza in un attimo. Sentii dentro di me una grande malinconia, che mi spinse ad avvicinarmi alla statua, per leggere il nome dell'uomo che con la sua muta presenza mi aveva sconvolto. Quando finii di leggere quel nome, Giordano Bruno, cominciai a piangere. Di lui sapevo solo che era stato un grande filosofo, e che era morto sul rogo per le sue idee. Non riuscivo a darmi una spiegazione per quel mio turbamento. Tornata a casa, quella stessa notte feci un sogno che mi aprì le porte di un mondo a me sconosciuto fino ad allora. Mi trovavo in un vicolo buio che sembrava divenire sempre più stretto, man mano che andavo avanti. Ero spaventata e stavo per scoppiare in lacrime, quando sentii alle mie spalle una voce calda, che io sentii subito amica, che disse: “Non avere paura, fermati, mia dolce compagna“.

Mi voltai e vidi un uomo con la barba, con un ampio mantello scuro sulle spalle, ed un grande sorriso che bastò a rassicurarmi.

“ Sei tornata, infine, nei luoghi a noi cari. Ti ringrazio per la visita notturna, e per le tue lacrime. Tu mi fosti cara un tempo e sempre lo sarai, perché l'amore puro ed incondizionato che ci ha unito vive in eterno. Mia tenera compagna, sono venuto a disturbare il tuo sonno per ricordarti che, sebbene tu sia stata un angelo per me, tuttavia in un'altra vita sei stata causa di molta sofferenza. Sappi, dunque, che hai ancora un debito da pagare. Quello che ti dico non sia motivo di angoscia per il tuo cuore, perché esiste una legge universale a cui nessuno può sottrarsi. Quello che hai preso ti sarà tolto e dovrai fare delle scelte dolorose. Ma resta serena e non avere mai paura, che io sarò a vegliare su di te“.

“Com'era apparso, l'uomo scomparve alla mia vista. Avevo riconosciuto in lui un volto a me caro, che nemmeno i secoli avrebbero potuto farmi dimenticare“.

Restai in silenzio, temendo di apparirle uno stupido. Mi ritrovavo in una città misteriosa, circondata da mura antichissime e da fantasmi del passato, e forse uno di loro aveva le sembianze di quella bella donna che mi svelava i suoi segreti. La cosa più saggia era abbandonarsi a quella magia che sentivo intorno a me. Ci incamminammo verso il Tempio Romano, nei pressi della Cattedrale, sempre tenendoci per mano. Davanti a quelle antiche pietre, un tempo consacrate a Diana, c'era un giardino alberato con delle panchine in legno azzurro.

Ci sedemmo lì, sotto la luna, e la baciai. Lei ricambiò stringendomi a sé, poi improvvisamente si scostò. “ No…Massimo…andiamo via di qua, c'è qualcosa in questo posto che……” “Cosa c'è che non va, Gracia ? Non avrai per caso visto qualche altro fantasma ? “ .Avevo appena finito di parlare, quando vidi il volto di Gracia trasfigurato dalla paura. “Dietro di te…..” disse, terrorizzata.

Mi voltai di scatto e vidi un'ombra nera ed una mano minacciosa che teneva un coltello abbassarsi su di me. Sentii un bruciore fortissimo alla spalla e poi svenni per il dolore. Quando mi risvegliai, ero su un letto, con una fasciatura sulla ferita infertami dal misterioso aggressore, e lei. Gracia, che mi sorrideva, china su di me. “ Cos'è successo ? Chi era quell'uomo ? “. “Non ti agitare, è tutto finito, non hai più nulla da temere, ora sei a casa mia “ rispose, accarezzandomi il volto. “Quell'uomo era un'ombra del passato, che voleva ucciderti per colpire me. Quando ti ho guardato per la prima volta negli occhi ho visto la tua bontà , ed ho visto pure su di te una “mala luz”, come una maledizione che qualcuno ti ha gettato addosso. Quell'ombra era venuta a saldare il conto. Ma io l'ho ricacciata indietro, per sempre. “

“ Non capisco…..ho la testa che mi scoppia…..grazie…ti devo la vita..”

“ Sono io che debbo ringraziare te. Vedi, questa notte credo di avere finalmente pagato il mio debito….”.Si stese accanto a me, cominciò a baciarmi e poi si spogliò lentamente. Dopo aver fatto l'amore ci addormentammo, io stretto a lei con la testa poggiata sulla sua bella schiena.

Il mattino dopo, quando mi svegliai non sentii più il suo respiro profondo e mi ritrovai solo nel letto. Non c'erano nemmeno i suoi vestiti. Con il corpo ancora dolorante ed un triste presentimento nella mente, mi rivestii ed uscii da quella casa, dirigendomi verso la libreria. Trovai la saracinesca abbassata.

Chiesi ai vicini se sapessero dov'era finita Gracia, e con stupore constatai dalle loro parole che nessuno l'aveva mai vista né conosciuta. Ma io sapevo che non potevo essere stato vittima di una allucinazione. Ero ormai in preda allo sconforto, quando un anziano del luogo mi si avvicinò e toccandomi la spalla, in un incerto inglese, mi chiese “ Sei l' italiano ? “. “ Sì, sono italiano, lei sa dov'è andata la donna che lavorava qui, nella libreria ? “.L'anziano scosse il capo. “ No…so solo che è partita….e mi ha lasciato questo per lei “.Tornò sui suoi passi e dal portoncino accanto alla libreria tirò fuori una gabbia, con dentro un gatto rosso. Era Pedro.


Sono passati tanti anni da allora. Non l'ho mai più rivista. L'unico custode dei suoi segreti, il povero Pedro, non ha mai potuto rivelarmi nulla della sua bella padrona. Credo che anche lui senta la mia stessa nostalgia. Mi rendo conto, tuttavia, nonostante il dolore che quella separazione mi ha causato, che accadde quel che doveva accadere, che ognuno di noi in questa meravigliosa recita che è la vita prima o poi è chiamato ad interpretare un'altra parte, e che forse la incontrerò di nuovo, in un altro tempo ed in un altro luogo.

Quando il pensiero di lei diventa più forte, aspetto sulla panchina del giardino che cominci a calare il sole. Allora chiudo gli occhi, ma invece del buio vedo la luce del sole riflessa sul suo volto. Poi li riapro, e mi sembra di vederla seduta accanto a me, che mi sorride, la mia bella maga che un giorno mi salvò la vita e pagò il suo debito.

 
Cephas

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