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Akhenaton l'iniziato
(15/01/2005)

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Prefazione

Solo chi conosce i segreti iniziatici può svelarne il mistero.

Questo “racconto” potrà fare un po' di luce sulla storia più nascosta di un grandissimo personaggio chiamato Amenhotep IV, che significa: Pace di Amon, nome che gli venne imposto alla nascita. Senza alcun dubbio questo “essere” fu preparato ed educato dai più alti sacerdoti e maestri dell'epoca ai misteri della vita e della morte, per il futuro e importante compito che doveva portare a realizzazione e a compimento.

In tutti i tempi e in ogni luogo ci sono due modi per intendere la verità: uno dogmatico e fideista e l'altro esoterico e misterico. Mentre la maniera dogmatica e fideista viene praticata e insegnata dai preti di tutte le religioni, quella misterico-esoterica viene da sempre insegnata da Ordini, Scuole esoteriche e Maestri di tutti i tempi. Se la Tradizione è, fu e sarà sempre la stessa, vuol dire che l'iniziazione vissuta allora dal giovane Amenhotep IV si scosta molto poco o nulla da quella dei tempi attuali praticata nei Templi dei diversi Ordini misterici.

Fatta questa breve introduzione invito i lettori a vivere le stesse emozioni della consacrazione al grado di Maestro del giovane Amenhotep IV, futuro Gran Maestro dell'ìOrdine di Luxor e Faraone dell'Alto e del Basso Egitto, tenutasi nei Templi segreti della Luce conosciuti solo ai Figli dell'Arte, nella città di Tebe.

(il presente racconto è già apparso in passato in alcuni numeri della rivista HERA)

Parte prima

Il Tempio era decorato e preparato con i simboli della Camera degli Splendori, e tutto era pronto per il Rito di Consacrazione a Maestro Sublime del giovane Amenhotep IV.

Il futuro Faraone era abbastanza tranquillo, poiché con la sua preparazione e conoscenza, si era ampiamente guadagnato quella elevazione a Maestro.

Suo padre, il Faraone Amenhotep III e sua madre Tiy erano molto soddisfatti per il loro figlio, ed insieme con gli altri fratelli e sorelle sacerdoti-maestri avrebbero dato forza e vigore al Rito che fra poco si sarebbe compiuto. Il Tempio, orientato da Oriente ad Occidente, era un doppio rettangolo, scandito da dodici grandi colonne tra cui spiccavano dipinti e bassorilievi con diversi simboli e divinità. Esso non aveva soffitto, e tutto il cielo stellato in cui spiccava la Via Lattea, faceva da volta.


Amenothep III

Tiy

Due giovani diaconi avevano il compito di accendere dei lumi e bruciare incenso, mirra e mastice, profumi che aiutavano il risveglio dei tre ultimi chakras del candidato. In ogni seggio dei gradi c'erano le diverse maschere della divinità che ogni maestro con un compito dovrà indossare insieme a collari e bastoni corrispondenti.

Tutti erano pronti per dare inizio al Rito. Il Maestro di Cerimonie con un grande bastone rosso fa un cenno ad un paio di musicisti che iniziano a percuotere cimbali e tamburi accompagnati dai dolci accordi dei sistri, così con questo connubio fa scaturire una musica soave che riempie ogni cosa. L'ora era giunta.

Lo Jerofante iniziatore ordina al cerimoniere di invitare i partecipanti ad entrare nel recinto sacro del Tempio. E tutti, dal più giovane al più anziano, in fila ed in senso orario, guidati dal Maestro delle Cerimonie fanno ingresso al suono della musica in mezzo a nuvole di incenso profumato, ognuno prende il posto che gli compete.

Lo Jerofante prende posto ad Oriente e si siede, ed ognuno lo imita facendo lo stesso. Ordina di aprire e di dare inizio al Rito alzando una croce della vita o Ankh fatta di legno dorato, e i suoi due assistenti seduti ad Occidente rispondono con lo stesso gesto e simultaneamente si calano le rispettive maschere. Lo Jerofante quella di Ptah (creatività e resurrezione), il primo assistente quella di Hathor (il Cielo, la Vacca Cosmica) ed il secondo assistente la maschera di Keb (la terra). Mentre seduto alla destra dello Jerofante vi è un Maestro oratore con la maschera di Maat (la dea della Legge) la regola, e a sinistra vi è un Maestro con la maschera di Thot, lo scriba.

Quando tutto fu pronto, lo Jerofante rivolgendosi ai due sacerdoti che si erano alzati, uno il Terribile con la testa di Sebek (il potere distruttore del Sole) e l'altro con la testa di Anubis (il dio sciacallo) il Mercurio psicopompo, ordina: “ Andate a prelevare il Candidato nella sala dei Passi perduti, preparatelo per il Rito, ditegli che dovrà subire l'ultima e più difficile delle prove e introducetelo nel Tempio voltato, e che non osi guardare l'Oriente! ”.

Fuori del Tempio i due Terribili trovano il giovane Amenhotep IV in un atteggiamento meditativo, gli comunicano che subirà delle prove, lo spogliano di tutto lasciandogli soltanto un perizoma di lino bianco. Lo coprono poi con una pelle di leopardo lasciandogli una spalla scoperta, si avvicinano al portale del Tempio e bussano cinque volte. Qualcuno dall'interno apre e si ode annunciare l'ingresso dei due Terribili con il candidato rivolto di spalle. I tre entrano e si fermano ad Occidente fra due grandi colonne.

L'emozione di Amenhotep IV era immensa, il suo battito cardiaco batteva all'unisono con i tamburi mentre il sudore gli grondava dal viso; era sicuramente tra gli uomini più felici della terra.

Una voce forte e chiara lo riporta alla realtà… “ Fate girare il candidato! ”. Lui si gira lentamente e quando i suoi occhi si sono abituati alla penombra vede proprio davanti a sé, nel centro della sala, un sarcofago aperto con dentro il corpo morto di Osiride con le braccia incrociate sul petto. Il Tempio era parato a lutto e tutti i Sacerdoti e le Sacerdotesse erano vestiti di nero in segno di dolore per la morte del Maestro.

Anche Amenhotep IV si sentiva coinvolgere in quel dramma sacro, celebrato proprio per lui. E nuovamente la stessa voce di prima interruppe i suoi pensieri…” Esperti, fategli scavalcare il sarcofago con tre passi e se il candidato trema ed ha paura, la prova non si ripeterà mai più ”. I due accompagnatori lo presero per le braccia e gli fecero scavalcare il sarcofago con il corpo del dio dentro.

Il candidato ha tremato? ”, domandò lo Jerofante ai due esperti. “ No! ” risposero all'unisono, “ Ha dimostrato grande coraggio ed è pronto per la Meska ”.

Dopo i primi tre passi il candidato si trovava in piedi proprio dove finiva il sarcofago. Era tranquillo e sereno mentre dal cielo stellato la dea bianca gli illuminava, con la sua tenue luce, il viso. La voce forte e solenne dello Jerofante rivolta ai suoi due assistenti disse: “ Primo e secondo assistente avvicinatevi a me ”, e così fecero collocandosi uno a destra del candidato e l'altro a sinistra, mentre lo Jerofante gli stava proprio davanti. Quello che successe dopo fu molto veloce e all'inizio il giovane non si rese conto del dramma che stava per accadere. Il secondo assistente alla sua destra gli vibrò con una squadra un forte colpo al petto in direzione del cuore che gli tolse il respiro. L'altro, il primo assistente alla sua sinistra, prese il regolo di legno e gli diede un colpo alla gola, e non ebbe il tempo di pensare che lo Jerofante gli diede con la croce Ankh un terribile colpo in fronte che suonò come una martellata, e lo uccise… Delle mani lo sollevarono e lentamente lo adagiarono nel sarcofago al posto del dio Osiride, gli incrociarono le braccia sul petto e coprirono il suo corpo con un drappo nero ricamato con fili d'argento. Tutto attorno si fece cupo e l'atmosfera era pregna di una profonda tristezza. Cembali e tamburi rallentarono il ritmo e il pianto di Iside e le sue Sacerdotesse gli strinsero il cuore. In quell'istante credette di aver capito la sofferenza della sposa del dio e la disperazione per la sua morte. In questo caso era lui al posto del dio e sprofondò in uno stato di pace e di serenità profonda e capì che stava vivendo la sua propria morte, sì, la sensazione era inspiegabile, era “dolce e tranquilla” e soprattutto era piena di pace. Ed era così meraviglioso quello stato che avrebbe voluto rimanervi per sempre e se la morte era così soave sicuramente non l'avrebbe più temuta. E capì che in questo modo sarebbe avvenuto il trapasso dalla materia alle dimensioni di luce.

Lievi rumori di passi lo tolsero da quello stato di beatitudine e aprendo gli occhi vide un corteo di Sacerdoti e Sacerdotesse che in fila giravano intorno al sarcofago suonando i sistri e marciando con passi ondulanti, sbilanciandosi da un lato all'altro. Vide che iniziavano a procedere da Occidente verso Oriente e poi tornavano indietro. Contò sette viaggi, o giri, fino a quando si udì una forte voce che disse: “ Fatalità! Il dio è morto, chi potrà mai riportarlo in vita? ”. “Chi?” , risposero le Sacerdotesse, “Chi?” .

Si udì forte la voce dello Jerofante che disse: “Furono tre le forze del male che uccisero il dio; adesso tre forze di luce e l'amore della sposa, Isis, riporteranno nuovamente in vita il corpo del dio!”. Allora lo Jerofante con i suoi due assistenti si prepararono per sollevarlo…

Amenophi IV capì la solennità del momento e per qualche istante, che a lui sembrò interminabile, nel silenzio, ebbe la sensazione che tutto si fosse fermato, uno squarcio nel tempo che non seppe mai misurare, fino a quando vide i volti delle tre divinità: Ptah, Hator e Keb che lo presero per le braccia e lo tirarono fuori dal sarcofago.

PTAH

Rimase davanti al volto di Ptah, lo Jerofante, tremando come una foglia dalla gioia e dalla grande emozione vissuta.

Amenophi pensò alla grandezza della Tradizione e, in cuor suo, ringraziò i fratelli, sacerdoti e sacerdotesse che in mezzo a mille difficoltà portavano avanti quelle antiche verità che trasmettevano con infinito amore.

E nuovamente la voce solenne del dio Ptah lo distolse dai suoi pensieri… “Eccoti Amenophi IV rinato tra noi!” E la luce scoppiò e tutto si illuminò a giorno e si udì la musica in un crescendo allegro che riempiva ogni angolo e la gioia infinita per la rinascita del dio Osiride nel suo cuore. Ora lui stesso incarnava la divinità. Osiride era nato in lui!

Successivamente tutti si tolsero le maschere e le tuniche nere, una volta rivoltate, si trasformarono in un bianco radiante. Il lutto era finito e la luce regnava nuovamente.

Quando i suoi occhi si abituarono alla luce potè riconoscere sacerdoti e sacerdotesse che gli erano amici, anzi fratelli e sorelle e la sua gioia si moltiplicò quando ad Oriente scoprì la presenza del Faraone in persona, suo padre, e a sinistra del trono dello Jerofante la sua adorata madre, la regina Tiy, che si era tolta la maschera di Iside.

Tutti erano radianti di felicità. Lo Jerofante invitò il Maestro delle Cerimonie ad accompagnare il neo Maestro a sedersi ad Oriente, alla sua destra.

Così fu fatto e il giovane Iniziato sedette accanto al Faraone Amenophi III.

“In questa circostanza”, disse lo Jerofante rivolgendosi al neo Maestro, “Voi incarnate il dio Osiride risorto, così d'ora in poi il vostro vero nome sarà Akhenaton che significa Figlio diletto e Gloria di Aton”.

Allora Akhenaton emozionato si alzò in piedi e il Gran Maestro Jerofante scese dal suo trono e lo abbracciò e lo baciò tre volte e lo stesso fece suo padre che gli sedeva accanto; la madre Tiy, emozionantissima, chiese ed ottenne il permesso di recarsi dal figlio, che strinse al cuore con tutto l'affetto di cui era capace.

Quando l'atmosfera si fu calmata, lo Jerofante parlò nuovamente: “Noi sappiamo con sicurezza che vi aspetta una strada lunga a piena di difficoltà e che la vostra vita è una missione di Pace e di Amore perché in voi c'è tanta verità, voi sapete, avete visto e siete già stato. Avete il compito di far sorgere il sole Aton dove c'è il buio, così questa terra da arida e arsa diventerà un'oasi di pace e di prosperità.

Sappiamo anche che le vostre parole, giovane Akhenaton, rimarranno incise per sempre nelle pietre e con la Luce darete un impulso definitivo alla nostra Tradizione che avrà effetto da ora fino ad un futuro che voi adesso non potete nemmeno immaginare. Perciò carissimo Maestro Akhenaton vi do in nome dell'Ordine che rappresento il più affettuoso benvenuto in questa Camera degli Splendori”.

Di colpo calò il silenzio su tutta l'assemblea.

Nel cielo trapunto di stelle la luna era ormai scomparsa e le costellazioni si erano date il cambio. Akhenaton, guardando il cielo stellato, pensò alla dea Nut a al fatto che sicuramente lì sopra c'era qualcuno che lo proteggeva, così lo ringraziò con tutto il suo essere.

Nut arcuata forma la volta celeste, Geb sott o di lei rappresenta la Terra e Ra naviga nella barca solare

Il Faraone Amenophi III chiese ed ottenne la parola; era l'unico che poteva parlare seduto e dichiarò: “Akhenaton siate il benvenuto in questa Maestranza dell'Ordine Sacerdotale di Luxor! Noi sappiamo del vostro amore per Aton Vivo, per Ra Ua en Ra, per Sothis e la sua grande spiritualità, per Dat e per l'immensa dignità che manifestate.

Io, vostro padre, colui che vi diede la vita insieme alla mia sposa, vostra madre la regina Tiy, vi diamo la nostra benedizione e il nostro appoggio totale”.

Il Faraone parlò a suo figlio da cuore a cuore, sapendo che da quel momento in poi il figlio, ormai Maestro, avrebbe seguito la propria strada su cui lui non poteva più intervenire.

Dopo il Faraone molti fratelli presero la parola per dare il benvenuto, in quella sublime Camera dei Maestri Venerabili, al giovane neo Maestro Akhenaton e per ultimo furono le sacerdotesse a parlare, fino a quando nessuno potè aggiungere altro.

Allora si alzò in piedi l'anziano Maestro che faceva il Cerimoniere e segnava i Sigilli e con voce ferma chiese allo Jerofante una catena magica per inserire il neo Maestro nell'Egregoro dell'Ordine (questo egregoro è come un grande serbatoio delle energie, delle idee e dei pensieri di tutti i fratelli dall'inizio dei Tempi fino ad oggi ed è caricato, attraverso la loro unione delle mani, con l'energia migliore di ognuno. Così questa energia continuerà ad irradiare per sempre, secolo dopo secolo, pure quando tutti i fratelli saranno scomparsi e di loro non ci sarà più memoria).

Tutti si alzarono in piedi, si tolsero ogni oggetto metallico e si presero per le mani intercalando le polarità: uomo-donna, creando un Grande Cerchio, l'energia cominciò a circolare ed ognuno ne avvertì l'intensità. Tutti proiettarono la propria potenzialità sullo Jerofante che decretò: “Che questa catena energetica dia forza e potere al neo Maestro Akhenaton e lo aiuti a realizzare i suoi progetti!”.

Completata la Catena di Proiezione il rito praticamente era concluso e fu così che il neo Maestro sacerdote Akhenaton ebbe tutte le carte in regola per dare inizio al “Progetto Umanità” e ad una realizzazione unica, reale, per unificare le genti del Basso e dell'Alto Egitto, il culto del Sole ad Aton Vivo!

Dopo il magnifico rito di consacrazione a Maestro Sublime Akhenaton passava lunghe ed interminabili ore a meditare su quanto era successo e a contemplare nel suo cuore l'idea che da sempre lo tormentava. Piano piano, decifrava il suo codice interiore e il progetto cominciava a prendere forma nella sua mente.

Il Nilo

Per pensare e meditare Akhenaton si recava nel suo giardino privato, dove si ergeva una bassa costruzione fatta di mattoni di fango del Nilo, impastati con paglia di lino dentro apposite forme di legno fatte seccare al sole. Tutta la casa era imbiancata con calce dentro e fuori e la sensazione che donava era di freschezza e di sollievo, specialmente quando soffiava il vento del deserto. La parte posteriore della casa finiva con un ampio corridoio che si apriva sul grande giardino di palmette, sicomori e arance circondati da una grande quantità di fiori che giungevano fin quasi alla sponda del Nilo, dove si trovava ancora la sua barca.

Il giovane Akhenaton, seduto al fresco su una sedia scomponibile fatta di legno e tela di lino, sorseggiava una bevanda a base di acqua fresca, miele e spezie contenuta in una caraffa di coccio e meditava. Si rendeva conto della grande confusione in cui viveva il suo popolo, che si trovava sempre in crisi spirituale per via dell'operato dei preti di Amon Ra. La prepotenza della classe sacerdotale era al colmo. E non solo! Essi si permettevano anche di influenzare il Faraone con le loro idee per ottenere un tornaconto personale e per beneficiare di uno smisurato potere. Così stavano le cose!

E questo non era l'unico problema. I suoi Maestri gli avevano insegnato che lo zodiaco è diviso in dodici case o segni e che il sole nel suo percorso copriva un segno ogni 2160 anni. Quando il sole transitava in una casa, la religione usava il simbolo che identificava quel segno come rappresentazione del dio. Attualmente il sole si trovava nel segno di Taurus e l'animale che rappresentava il dio era Apis: il Toro.

(fine prima parte)

 
di Alfredo Di Prinzio

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