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Sacro e Profano
(15/04/2005)

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Proviamo a rivedere il concetto di ciò che è Sacro e ciò che è Profano, alla luce dell'insegnamento iniziatico. Farlo oggi può aiutarci a trovare un riferimento che ci può indicare come lavorare su noi stessi.

In una realtà, come quella odierna, dove molti valori si sono persi e le persone cercano fuori qualche appiglio per andare avanti e per trovare sicurezza, qualunque evento che comincia a muovere molte persone richiama inevitabilmente, come api al miele, altre persone che si aggregano ad esse, ognuna per le proprie ragioni: per stare in compagnia, perché l'evento è emozionante, per sentirsi vivi, per condividere con altri quello in cui si crede, perché forse è giusto esserci, perché se ci vanno così tante persone allora è importante.

Ognuno è libero di agire come crede, e questa è una prima regola inossidabile che deve sempre essere rispettata.

Ma occorre fare un salto qualitativo per non rimanere nella massa ripetendo da automi quello che fanno gli altri, nella credenza di agire da persone libere.

Forse il segreto della libertà non è lì dove tanti credono che stia, altrimenti non avremmo avuto un solo Gesù, ma molti si sarebbero reintegrati con l'Eterno.

La Tradizione insegna a partire sempre da sé stessi nella ricerca, per giungere a conoscere… sé stessi.

In questo senso proviamo allora a capire cosa è Sacro e cosa è Profano.

Il termine “profano” deriva dal latino “profanus” che significa ‘che deve stare fuori (davanti) del tempio', composto di pro ‘davanti' e fanum ‘tempio'. E se il tempio, come ci dice la Tradizione, è l'uomo stesso, allora colui che guarda solo l'aspetto esteriore delle cose, colui che non pensa alla propria interiorità, colui che volge i propri interessi e la propria attenzione sempre all'esterno di sé, è un profano.

Sacro, invece, è l'agire di colui che trova dentro di sé il senso del proprio esistere.

Sacro è riportare ogni insegnamento che la vita ci mostra, dentro di noi.

Qualunque sia l'evento o la situazione che ci troviamo ad affrontare, qualunque sia la prova che dobbiamo superare, dentro di noi c'è il senso e la soluzione. Non fuori. Non ci stancheremo mai di ripeterlo.

Ecco allora che colui che ha smesso di essere un profano non fa più le cose “solo perché le fanno gli altri”. Trova un senso personale, interiore, “sacro” alle cose e spesso non viene compreso.

Ormai ha un codice di riferimento diverso dalla “profanità”, perché è un codice di vita personale e dipende solo da sé stesso. Non ha più bisogno di seguire mode, gruppi, eventi, folle per sentirsi vivo. Non ha più bisogno di seguire una ideologia per trovare il proprio carburante di vita. Non vuole più essere parte della massa, perché non si sente più un profano.

E solo allora può aspirare a divenire un Sacer-dote, colui che ha la dote sacra, che ha scoperto cosa significa agire in maniera sacra. E sa che lavorare per la Via, nella Via ogni giorno è un Sacro-ufficio (e non un sacrificio come è inteso in maniera profana!).

Come ci spiega Alfredo Di Prinzio nel suo articolo, sono innumerevoli le fonti tramandateci che provano a farci comprendere come fare per trovare il Sacro in noi. Sono insegnamenti esteriori che dobbiamo imparare a ricondurre all'uomo, per farne carne della nostra carne.

E l'atteggiamento che dobbiamo tenere di fronte a tali insegnamenti comincia senza dubbio con il silenzio, se non altro per essere in grado di poter ascoltare, e la figura di Marta e Maria sono un bell'esempio in questo senso.

Silenzio esteriore, ma anche silenzio interiore nel senso di liberazione da tutte quelle illusioni o false convinzioni che non lascerebbero spazio a nessun altro insegnamento, e non ci permetterebbero di arrivare al centro della croce.

Vi lasciamo con un semplice consiglio: ogni volta che leggiamo la vita di un qualche iniziato, e nella sezione dei libri consigliati vi suggeriamo la lettura dei “Grandi Iniziati” di Schurè, proviamo a cogliere il Sacro che scaturisce dalle loro vicende, proviamo a leggerli come la vita di uomini che si sono staccati da tutto ciò che è profano e qualunque cosa abbiano fatto si stavano guardando dentro in quei momenti.

Merak

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